Raphael Gualazzi a Spoleto: «Vado matto per la gente che mi sorride»

Raphael Gualazzi
Raphael Gualazzi
di Simona Orlando
Sabato 6 Luglio 2013, 13:09
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Mentre prosegue l’Happy Mistake Tour, Raphael Gualazzi stasera sar protagonista del Festival dei Due Mondi nella storica Piazza del Duomo di Spoleto, in occasione della serata organizzata da Eni.



Festival dei Due Mondi. Può anticiparci qualcosa del concerto?

«Sul palco siamo in dieci polistrumentisti, sette di provenienza francese, ma fra noi comunichiamo in inglese. Proporrò canzoni del vecchio repertorio e dell’ultimo Happy Mistake, inclusa l’interpretazione sui temi diAmarcord, Questa o quella per me pari sono tratto dal Rigoletto e brani della tradizione afroamericana. In più ho un inedito mai fatto dal vivo».



Suonare vicino casa è più o meno adrenalinico che in trasferta?

«Mi diverto sia vicino che lontano. Ho suonato molto in Umbria e, certo, c’è un’energia particolare che si sprigiona quando ti esibisci nella tua terra. Ma la musica mi fa sentire a casa un po’ ovunque».



Lei vive da quasi due anni a Londra. Spostamento strategico?

«Sì, dal punto di vista logistico perché mi permette di raggiungere qualsiasi città in poco tempo, quando ho un concerto. Dal punto di vista culturale perché è multirazziale e offre infiniti stimoli».



E dal punto di vista musicale?

«E’ la cerniera tra il mondo afroamericano e quello europeo, così, quando sono libero e non esausto, vado a sentire concerti, jam session organizzate in locali più o meno noti. Oppure vado agli Open Mic, dove i microfoni sono aperti per chiunque voglia usarli. Per strada ci sono un sacco di persone che camminano con le custodie degli strumenti ed è buon segno, succede anche a Parigi».



A Parigi, il 21 giugno, ha suonato prima in strada poi all’Olympia.

«E’ stato buffo ma bellissimo. Credo che la musica debba rimanere popolare così come è nata. Erroneamente si tenta di chiuderla nella nicchia: ricordiamo che il jazz si faceva nei bordelli, nei localacci, nei cinema muti, e l’opera lirica si faceva per il popolo. La musica bisogna darla a chiunque, che sia in piazza o a teatro. Prima di avere un contratto discografico, approfittavo di qualsiasi posto e mi piace ancora così»



Sta riscuotendo consensi anche all’estero. Il complimento più gratificante che ha ricevuto?

«Il più bello non si esprime con le parole, ma con il sorriso. Ogni gesto di condivisione per me è un’emozione: chi mi stringe la mano dopo un mio concerto oppure i musicisti che dimostrano di aver avuto piacere a suonare con me».



C’è qualcuno con il quale vorrebbe collaborare?

«Un cantante statunitense di nome Kurt Elling, che considero la migliore voce jazz maschile».



Ha mai pensato di scrivere per altri?

«Niente di ufficiale, in futuro chissà. Intanto posso dire che alcuni miei brani li ho scritti ispirandomi ad altri artisti e sarebbero stati perfetti per loro».



Lei ha un’attività live intensa. Trova il tempo di comporre?

«In stanza, nei pochi momenti liberi, ma le idee non hanno orari e sto già lavorando al prossimo disco. Intanto mi godo la fortuna di aver fatto della mia passione un mestiere».
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