La trincea dei pensionati d'oro: «Non cederemo un centesimo»

La trincea dei pensionati d'oro: «Non cederemo un centesimo»
di Francesco Pacifico
Mercoledì 12 Dicembre 2018, 12:30 - Ultimo agg. 16:17
4 Minuti di Lettura

Tre, è il caso di dire, sono le vie di fuga per salvare la propria pensione d'oro. L'ipotesi più semplice dal punto di vista tecnico, ma più complessa sul versante organizzativo, prevede il trasferimento all'estero, in un Paese dove la fiscalità sulla previdenza è più bassa. C'è poi la possibilità di richiedere un trattamento di favore per motivazioni «sociali», come la necessità di dover affrontare cure molto costose. Infine c'è il terno al lotto dei ricorsi alla giustizia, sperando di trovare un giudice disposto a considerare anticostituzionale il taglio agli assegni più alti. Giuristi e consulenti fiscali sono al lavoro per trovare delle soluzioni, nel tentativo e nella speranza di non far rinunciare nemmeno a un centesimo ai loro assistiti: cioè gli oltre 200mila tra politici, grand commis dello Stato, manager o magistrati che ogni mese prendono di pensione oltre 4.500 euro lordi.
 
Cinquestelle e Lega non si sono messi ancora d'accordo su come ridurre i trattamenti più alti: in una prima fase i grillini avevano convinto gli alleati a rimodulare gli assegni in essere - anche su input del presidente dell'Inps, Tito Boeri - ricalcolandoli con il sistema contributivo. Poi - complici i paletti messi in passato dalla Consulta e il rischio che dietro cifre così alte ci possa essere anche una contribuzione molta alta - il Carroccio ha modificato la direzione e proposto un prelievo straordinario per chi incassa più di 4.500 per il mese. L'equilibrio sembrava trovato, ma poi - viste le tensioni in maggioranza - il M5S ha rialzato la voce e chiesto di introdurre delle aliquote progressive sul prelievo in base all'entità della pensione. E tanto è bastato per ridiscutere tutto il dossier. Ma i soggetti interessati non stanno aspettando le decisioni della politica. E come ci racconta un noto avvocato amministrativista, «sono già un centinaio i clienti che mi hanno chiesto di studiare come riuscire a bloccare il progetto di Di Maio &Co. Quel che è certo è che ne vedremo delle belle. E non soltanto nelle aule dei tribunali».

La prima soluzione consigliata tra gli esperti è quella di trasferire la propria residenza all'estero, in uno dei Paesi che ha firmato con l'Italia una convenzione di reciprocità previdenziale: in pratica l'Inps versa all'ente omologo straniero il totale lordo della pensione, quindi tocca al beneficiario scegliere dove pagare le tasse. Parliamo di lande un tempo poco accattivanti visto il costo della vita, come la Germania, Svizzera o la Gran Bretagna. Ma che sono tornate appetibili vuoi perché la tassazione vagheggiata dai Cinquestelle sfiora il 40 per cento, vuoi perché questi Stati non prevedono imponibile sugli assegni. Altra soluzione è scegliere una destinazione (Portogallo, Canarie, Thailandia) dove si garantiscono forti benefit ai pensionati.

Seconda soluzione, anche sfruttando quanto garantito agli ex parlamentari nella delibera che ha tagliato i vitalizi, è quella di chiedere un trattamento di favore, quindi una riduzione minore, per sostenere spese mediche o la cura di un familiare a carico. In teoria, basterebbe soltanto produrre tutta la documentazione necessaria. Infine, c'è la via giudiziaria, quella dei ricorsi alla Consulta, sostenendo che la misura lede i diritti acquisiti, non è straordinaria come ha previsto la stessa Corte, finisce per essere retroattiva e soprattutto colpisce una sola fascia di popolazione. I ricchi.

Come detto, le pensioni d'oro erogate ogni mese in Italia sono poco più di 200mila.

Duecentomila su un totale di 16 milioni pagate dagli enti previdenziale. In totale gli assegni sopra i 4.500 euro costano alle casse pubbliche oltre 17 miliardi di euro all'anno. Ma si screma questa platea se si usa come tetto base quello dei cinquemila euro mensili netti: allora scendiamo a un esercito di circa 29mila fortunati, per i quali lo Stato spende circa 1,3 miliardi di euro all'anno. Quasi quanto il miliardo che il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, vuole recuperare tagliando questa voce. Quasi per il 70 per cento è al Nord, ma i maxiassegni sono legati non soltanto alle regole previdenziali più labili, quanto alla possibilità per determinate categorie di cumulare posizioni previdenziali diverse. È il caso dell'ex direttore centrale di Tim, Mauro Sentinelli, che incassa poco più di 91mila euro mensilmente. Tutti soldi che il padre delle schede Sim in Italia riceve lecitamente, ma che lo hanno trasformato nel simbolo vivente degli abusi della casta. Tanto che il manager è stato costretto anche a cambiare casa perché esposto al pubblico ludibrio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA