Ossigeno per Alitalia, prestito ponte di 300 milioni

Ossigeno per Alitalia, prestito ponte di 300 milioni
di Umberto Mancini
Sabato 14 Ottobre 2017, 09:18 - Ultimo agg. 16:08
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ROMA. Più tempo e più soldi per vendere al meglio Alialia. Il governo apre il paracadute sulla ex compagnia di bandiera, facendo slittare dal 5 novembre al 30 aprile la data entro la quale si dovranno perfezionare le offerte dei pretendenti, ovviamente dopo la negoziazione con i commissari straordinari guidati da Luigi Gubitosi. Parallelamente aumenta di 300 milioni la dote per far volare Alitalia ben oltre l'estate, rimpinguando il prestito oneroso da 600 milioni già concesso e prolungando fino al 30 settembre 2018 la scadenza per la restituzione allo Stato (soldi che sarebbero dovuti rientrare alla base a novembre). Una doppia mossa - messa nero su bianco nel decreto fiscale varato ieri - che dà ossigeno finanziario in vista della non facile stagione invernale (tradizionalmente negativa per Alitalia) e consente ai commissari di trattare senza il fiato sul collo con Lufthansa e EasyJet. Del resto la scadenza del 5 novembre, anche alla luce del fallimento di Air Berlin e dell'uscita di scena di Ryanair, si sarebbe rivelata troppo ravvicinata, finendo col favorire solo gli acquirenti che - spiegano a Palazzo Chigi - avrebbero potuto giocare al ribasso, contando proprio sui tempi stretti e la necessità di chiudere il dossier. La sintesi del ministro dei trasporti Graziano Delrio è efficace: «Vogliamo vendere, non svendere». Meglio dunque mettere mano ancora al portafoglio e far slittare la procedura finale. Anche se, va detto, sia Delrio che il collega dello Sviluppo Carlo Calenda, avevano giurato che il prestito ponte da 600 milioni sarebbe stato davvero l'ultima iniezione pubblica per salvare il malato cronico Alitalia. Adesso i soldi impegnati arrivano a quota 900 milioni, finanziamenti che saranno restituiti con gli interessi una volta che la compagnia sarà ceduta.

Calenda e Delrio si aspettano che l'ex vettore nazionale passi di slancio l'inverno per affrontare con una cospicua dote di fieno in cascina il traguardo della cessione. Soprattutto l'esecutivo ha voluto dare un segnale forte al mercato, assicurando ai passeggeri che la compagnia ha i mezzi e le strategie per volare senza problemi per tutto il 2018 e oltre. Evitando così il rischio, più virtuale che reale, di un crollo delle prenotazioni a causa delle turbolenze legate proprio alle procedure di vendita.

Per la verità, dopo la fuga di Ryanair (che ha abbandonato l'asta per Alitalia) e il fallimento di Monarch e Air Berlin, i commissari davano per scontato un intervento di Palazzo Chigi per spostare in avanti i paletti. Ed è lo stesso decreto fiscale a spiegare che dilazione fino ad aprile e nuovi fondi sono «necessari in ragione dell'evoluzione del contesto di mercato». Adesso però la proroga del prestito statale e il suo adeguamento a quota 900 milioni dovranno superare l'esame di Bruxelles.

Novità in vista anche per Tim: ci sono dettagli ancora da definire, contorni giuridici di una certa delicatezza da inquadrare in maniera definitiva e, soprattutto, una rotta politica da pesare fino all'ultimo, ma un testo c'è e dunque è questione di ore, al massimo qualche giorno, per le prescrizioni del governo a Vivendi sugli asset strategici di Tim (controllata dal gruppo francese con il 23,9%). Le prescrizioni saranno «equilibrate e non punitive», ha sempre promesso il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. E del resto l'obiettivo di Palazzo Chigi è avere «garanzie» e ottenere «trasparenza» su certe attività cruciali in casa Telecom. Non certo sbarrare la strada ai francesi. Dunque, arriveranno precise condizioni dopo l'istruttoria da parte del Comitato ad hoc sul golden power sulla governance di Telecom Italia Sparkle, con la sua rete di 500 mila chilometri di cavi in fibra ottica.