Non sembra un problema, l'ennesimo, di divario Nord-Sud. Ma i dati diffusi ieri dalla Fabi, il più autorevole sindacato nazionale dei lavoratori bancari, a proposito delle differenti remuneratività dei conti correnti bancari in Italia qualche dubbio lo sollecitano. Il report dimostra infatti che con gli stessi 5.000 euro si guadagnano 18,2 euro l'anno a Trento e Bolzano, 15 a Firenze, 13 a Roma, 11 euro a Milano e Perugia mentre a Napoli appena 6,5 euro. Poco più su, però, a quota cioè 7 euro troviamo Trieste mentre a Catanzaro gli interessi maturano 8 euro come a Potenza, Genova e Aosta. E solo di poco possono dirsi più fortunati i correntisti di Torino che incassano 8,5 euro all'anno. Si tratta di medie, beninteso, che nel caso ad esempio di Anona e Cagliari parlano di 10 euro, mezzo euro in più di Bari, Bologna, Campobasso e Palermo che si attestano a quota 9,5 euro mentre a 9 euro tondi si trovano Venezia e Pescara. Insomma, gli interessi praticati dalle banche sui conti correnti - seppur particolarmente contenuti, nonostante l'aumento del costo del denaro portato dalla Banca centrale europea al 4,5% tra il 2022 e il 2023 con 10 rialzi in 14 mesi - non sono tutti uguali nel Paese ma la differenza tra Trentino e Campania colpisce. E non a caso la Fabi parla espressamente di «ampie divergenze territoriali e regionali nei rendimenti che le banche riconoscono sui "salvadanai" della loro clientela». Ancora: «Non ci sono le stesse opportunità di guadagno per i risparmi delle famiglie italiane, infatti la media nazionale del tasso d'interesse praticato dalle banche alla clientela per un conto corrente fino a 50 mila euro, a fine 2023, era dello 0,21%, ma nelle venti Regioni del Paese si riscontrano livelli assai diversi». Ancora più esplicito il segretario generale della Fabi, Lando Sileoni: «Gli sforzi che fa un correntista a non veder remunerato il proprio risparmio sono ancora più grandi per le famiglie che vivono al Sud, già colpite dalla sperequazione lavorativa ed economica».
Primato Lombardia
Di sicuro la distanza in termini di liquidità tra le macroaree del Paese era e rimane ampia. Un quinto della liquidità degli italiani non a caso si trova in Lombardia i cui correntisti, a tutto il 2023, erano a quota 234 miliardi. Decisamente più distanti quelli di Lazio con 120,9 miliardi e Veneto con 105,4 miliardi, rispettivamente il 10,5% e il 9,2% del totale delle riserve italiane.
L'entità del deposito, dunque, come prima chiave di lettura e di approfondimento dei dati Fabi. Nei quali, ovviamente, compare anche il tasso di rischiosità maggiore del costo del denaro al Sud rispetto alle altre aree del Paese anche se i dati Abi 2023 confermano che la forbice si sta progressivamente riducendo. Anche per questo, dice Sileoni: «Il conto corrente remunerato potrebbe rappresentare un fattore di attrattività per le banche ma se continua ad essere considerata solo come un costo, chi ci perde non sono solo la clientela e il fisco. Le banche hanno alzato in maniera più apprezzabile solo i tassi sui depositi vincolati o a durata prestabilita dove, però, ci sono solo circa 300 miliardi di euro, molto meno dei 1.100 miliardi dei conti correnti». Un dato quest'ultimo sul quale riflettere perché in calo di ben 43 miliardi rispetto al 2022: «In un anno si è registrata una discesa del 3,6% - spiega il sindacato che si può ricondurre da un lato all'inflazione e all'aumento dei prezzi, che hanno indotto le famiglie a utilizzare le loro riserve per far fronte al caro-vita; dall'altro, dalla ricerca di rendimenti più alti», con una parte del denaro spostata su depositi a scadenza o sui titoli di Stato. Va però ricordato che questa frenata è stata meno forte proprio nel Sud e in Campania, come dimostrato dai dati 2023 dell'Abi riportati dal Mattino. Un segnale in controtendenza che i numeri di ieri sembrano ancor più sottolineare.