Ilva, Calenda ferma il tavolo si attende il verdetto del Tar

Ilva, Calenda ferma il tavolo si attende il verdetto del Tar
di Giusy Franzese
Giovedì 30 Novembre 2017, 10:51 - Ultimo agg. 15:22
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Il destino dell'Ilva è di nuovo in bilico. Il negoziato è «congelato». La decisione è stata annunciata ieri mattina dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, come conseguenza del ricorso al decreto sul piano ambientale davanti al Tar di Lecce, presentato l'altro giorno dal governatore della Puglia, Michele Emiliano, e dal sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci. «Sono inutili i tavoli finché non è chiara la situazione. Se il Tar di Lecce accoglie l'impugnativa, i commissari straordinari saranno obbligati a iniziare il processo di spegnimento degli impianti dell'Ilva. Questo metterà in discussione tutta la riqualificazione e il rilancio del siderurgico di Taranto». Di qui la decisione di sospendere il negoziato.

Calenda è letteralmente furioso e non nasconde di vedere dietro la mossa di Emiliano solo calcoli politici: «Voglio essere chiaro: in questo Paese non può continuare il gioco della sedia dove la musica continua sempre e noi paghiamo. Questa volta la musica si ferma» dice. Ma il governatore della Puglia non sembra avere alcuna intenzione di mettere fine al braccio di ferro. E in serata rilancia: «Il governo cerca un capro espiatorio». «Temo che questa vicenda dell'aggiudicazione dell'Ilva ad Arcelor Mittal sia tutta sbagliata. Hanno determinato una concentrazione ben superiore alla quota massima consentita e adesso cercano un capro espiatorio per dare la colpa del loro fallimento» aggiunge.

Finché non arriverà il giudizio dell'Antitrust Ue, quella di Emiliano però resta solo un'opinione. La trattativa congelata invece, proprio ora che dopo tanti stop and go aveva preso l'abbrivio giusto, è un dato di fatto.

E il rischio è altissimo. Se il Tar dovesse imporre la chiusura degli impianti lo scenario sarebbe da brivido. Perché spegnere un altoforno non è come spegnere un motore qualunque: per poterlo riavviare servono mesi. E nel frattempo i clienti si rivolgono alla concorrenza, gli operai vanno in cassa integrazione, i conti sballano. In gioco ci sono decine di migliaia di posti di lavoro. Uno scenario che fa saltare sulla sedia gli altri rappresentanti degli enti locali coinvolti, compreso il governatore della Liguria, e i sindacati tutti. Dai quali arriva in coro una richiesta a Emiliano: ritiri il ricorso al Tar.
 
Il primo appello parte dalla battagliera Fiom che finora aveva mostrato i denti con scioperi e presidi. «Emiliano ritiri il ricorso e Calenda continui il confronto» dice la leader del sindacato dei metalmeccanici della Cgil, Francesca Re David: «Non è il momento dei tribunali» aggiunge il suo predecessore, Maurizio Landini, ora segretario confederale Cgil, che ricorda: «C'è una trattativa in corso e credo che questo sia il momento della responsabilità». Ancora più forti le parole degli altri sindacati. Marco Bentivogli, numero uno delle tute blu della Cisl, accusa Emiliano di «atteggiamento infantile». E attacca: «Non si può trascinare una vicenda in cui è in ballo il risanamento ambientale e la difesa di migliaia di posti di lavoro a capricci per la propria visibilità politica». Rocco Palombella, leader Uilm, parla di «sciagurata iniziativa del presidente della Regione Puglia e del sindaco della città di Taranto. Una vergogna a cui il sindacato si opporrà con tutta la forza». Contro Emiliano si schierano anche i rappresentanti sindacali locali.

Lo stupore per l'iniziativa di Emiliano è forte anche perché proprio l'altro giorno l'amministrazione straordinaria dell'Ilva aveva annunciato che la copertura dei parchi minerari sarebbe partita già da gennaio prossimo, quindi senza attendere l'esito delle trattative con il nuovo proprietario, Am Investco Italy, la cordata capitanata da Arcelor Mittal. Adesso invece resta tutto in stand by, in attesa del pronunciamento del Tar. «Cè il rischio che linvestitore possa pensare di ritirare gli investimenti e scappare a gambe levate» avverte Calenda.
 
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