Giovani, arrivano le norme anti-licenziamento e chi licenzia perde gli sgravi

Giovani, arrivano le norme anti-licenziamento e chi licenzia perde gli sgravi
di Giusy Franzese
Giovedì 24 Agosto 2017, 09:01 - Ultimo agg. 25 Agosto, 11:04
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ROMA Il rischio c'è e il governo ne è consapevole. Con l'arrivo dei nuovi sgravi contributivi allo studio del governo per chi assume giovani, potrebbero risvegliarsi «comportamenti furbeschi» da parte di alcuni imprenditori, tentati dal mettere in atto un meccanismo di turnover tra chi sta esaurendo il periodo di sgravi e il nuovo assunto a tempo indeterminato che farebbe ripartire invece il contatore degli sconti contributivi (al 50%) per altri due o tre anni. E così i tecnici sono al lavoro per collegare i nuovi incentivi a norme «anti-licenziamento»: sarebbero escluse dai nuovi sconti le aziende che hanno già sfruttato gli incentivi del Jobs act e hanno poi licenziato i loro dipendenti.

A confermare la clausola «anti licenziamento» è il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, a margine del meeting di Rimini: «Noi vogliamo avere più occupati e non uno scambio tra chi c'é e chi arriva» ha sottolineato. Poletti ha anche considerato «plausibile» la stima di 300.000 contratti a tempo indeterminato come effetto delle nuove agevolazioni. Nessuna decisione definitiva invece sulla fascia di età: l'asticella potrebbe spostarsi da 29 a 32 anni, ma tutto dipende dalla trattativa con Bruxelles.

Dare una scossa all'ingessato mercato del lavoro resta una priorità. Ma non è un obiettivo facile. La paura di fare il passo più lungo della gamba, blocca ancora molti imprenditori. Ma servirebbe una svolta anche nella mentalità dei disoccupati. Lo dimostra il rischio flop a cui sta seriamente andando incontro uno degli strumenti più innovativi lanciato da poco per aiutare chi ha perso il posto a ritrovarne un altro: l'assegno di ricollocazione.
Dopo anni di discussioni sulla necessità di dare un vero avvio alle politiche attive nel mercato del lavoro, a marzo scorso finalmente è partita la sperimentazione con l'invio a circa 29.000 disoccupati, estratti tra la platea che riceve il sussidio Naspi da almeno 4 mesi, di una lettera che li avvisava della possibilità di attivare il nuovo strumento (è volontario). Ebbene, lo hanno richiesto solo in tremila. Il 90% dei potenziali destinatari ha fatto orecchie da mercante snobbando la nuova opportunità. Se continua così la tanto agognata svolta del nostro mercato del lavoro dal vecchio sistema di politiche passive a quello più moderno di politiche attive rischia di andare a finire in un vicolo cieco. L'allarme è lanciato da Maurizio Del Conte, presidente Anpal, la nuova agenzia nata con la riforma del Jobs act che ha come obiettivo proprio quello di non lasciare solo chi perde il posto, di accompagnarlo verso una nuova opportunità lavorativa sia con l'aiuto dei centri per l'impiego pubblici, che attraverso quello di qualificate agenzie private.

L'assegno di ricollocazione è una sorte di dote che lo Stato fornisce al disoccupato che percepisce la Naspi da almeno 4 mesi per la sua formazione e riqualificazione, così da renderlo appetibile per le imprese. La cifra varia tra i 250 e 5.000 euro (a seconda del profilo di occupabilità) e viene effettivamente erogata all'agenzia che segue il percorso del disoccupato, solo a contratto trovato. Ma non un contratto qualunque. La normativa è precisa: l'assegno scatta a fronte di un contratto a tempo indeterminato (anche apprendistato); un contratto a tempo determinato di almeno 6 mesi (da 3 a 6 mesi nelle regioni Basilicata, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia); un part time pari almeno al 50%. «Ci vuole una campagna di informazione massiccia - spiega Del Conte - è importante dire che non c'è nulla da perdere. Non si perde la Naspi se non viene fatta un'offerta di lavoro congrua e adeguata al soggetto». In autunno la sperimentazione dovrebbe essere estesa allintera platea (i disoccupati in Naspi da almeno quattro mesi), ovvero a 400-500.000 persone.