Embraco, la crisi e i 500 licenziamenti: ecco cosa sta succedendo

Embraco, la crisi e i 500 licenziamenti: ecco cosa sta succedendo
Embraco, la crisi e i 500 licenziamenti: ecco cosa sta succedendo
Martedì 20 Febbraio 2018, 12:11 - Ultimo agg. 13:06
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Il caso è ritornato con prepotenza nelle ultime ore, anche alla luce della linea dura scelta dal ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Centinaia di lavoratori di Embraco rischiano seriamente di essere licenziati: ecco i motivi della crisi e le ragioni del governo italiano che cercherà di portare il caso all'attenzione dell'Europa.

Embraco è un'azienda brasiliana, controllata dalla multinazionale statunitense Whirlpool, specializzata nella fabbricazione di frigoriferi. Ha il suo stabilimento italiano a Riva di Chieri (Torino), dove fino agli anni '80 si svolgeva la produzione di Aspera, la divisione Fiat che produceva frigoriferi. Nel 1985 il comparto Aspera fu venduto a Whirlpool e a Riva di Chieri, negli anni '90, la manodopera impiegata raggiunse le 2500 unità. Il 2000 fu l'anno spartiacque per le sorti dei lavoratori: Whirlpool decise di cedere lo stabilimento alla sua controllata Embraco e, dagli anni successivi, iniziarono i problemi.



Già nel 2004, infatti, Embraco annunciò 812 esuberi dopo l'apertura di un nuovo stabilimento in Slovacchia. In quell'occasione lo Stato italiano, attraverso il governo, la Regione Piemonte e la Provincia di Torino, stanziò oltre 13 milioni di euro per far sì che l'azienda potesse investire ancora sul territorio senza delocalizzare la produzione all'estero ed evitare licenziamenti. Non fu sufficiente, dal momento che 420 operai furono lasciati a casa, con la promessa (non mantenuta) di essere assunti da nuove aziende in arrivo in quell'area.



Dieci anni dopo, una nuova minaccia da parte di Embraco di lasciare l'Italia: la Regione intervenne firmando un Protocollo d'Intesa da due milioni di euro secondo il quale l'azienda si sarebbe impegnata a fare nuovi investimenti. Anche in quel caso, i tagli al personale furono drammatici: dopo il 2014, nello stabilimento di Riva di Chieri, sono rimasti attivi solo poco più di 500 operai. La crisi odierna, però, è il frutto di un annuncio risalente allo scorso autunno: era il novembre 2017 quando Embraco rese nota l'intenzione di ridurre ulteriormente il numero dei dipendenti. Un annuncio che sembrava il preludio allo spostamento dell'intera produzione in Slovacchia, dove il governo di Bratislava negli ultimi anni ha ricevuto 20 miliardi di fondi europei per incentivare lo sviluppo economico del paese.



La conferma è arrivata a gennaio: Embraco aveva annunciato ufficialmente l'intenzione di spostare l'intera produzione dall'Italia alla Slovacchia e aveva inviato una lettera ai dipendenti di Riva di Chieri in cui si rendeva noto il licenziamento collettivo. Carlo Calenda, quindi, ha deciso di avviare dei negoziati con l'azienda, chiedendo di scongiurare i licenziamenti e proponendo di trasformarli in cassa integrazione, in modo da ridurre in parte il costo degli operai per l'azienda (una percentuale dello stipendio, in regime di cig, viene pagata dallo Stato). L'obiettivo era quello di prendere tempo per poter negoziare ancora con Embraco, invitando l'azienda a mantenere la produzione in Italia oppure vendendo lo stabilimento ad altre imprese in modo da non lasciare a casa centinaia di lavoratori.



Calenda era stato durissimo: «Se Embraco non accetterà le nostre proposte, subirà una dichiarazione di guerra da parte del governo italiano». L'azienda, però, ha rifiutato la cassa integrazione, proponendo come alternativa di riassumere gli operai con contratti part-time fino a novembre. Una condizione inaccettabile, dal momento che verrebbe a mancare la continuità contrattuale e, di conseguenza, le retribuzioni e l'anzianità sarebbero ripartite da zero, indipendentemente da quanto maturato dai lavoratori fino a oggi. A questo punto, il ministro dello Sviluppo Economico ha reagito così, spiegando le ragioni dell'abbandono della trattativa: «Dal punto di vista economico, non ci sono differenze tra la nostra proposta e le intenzioni di Embraco, ma noi vogliamo un percorso di reindustrializzazione e continuità. Tenere aperta la fabbrica consentirà ai lavoratori di mantenere il proprio status acquisito fino ad oggi e allo stesso tempo attirare nuovi investitori, perché ce ne sono molti interessati. Embraco, però, ha detto che ormai ha annunciato ai mercati il licenziamento e questo è un comportamento inaccettabile. Non trattiamo con questa gentaglia». Anche i sindacati di Embraco, così come il presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, hanno giudicato inaccettabile la presa di posizione dell'azienda.



Intanto, però, i lavoratori di Embraco sono disperati: hanno incontrato Papa Francesco, hanno manifestato durante il Festival di Sanremo e hanno organizzato diversi picchetti di protesta fuori e dentro lo stabilimento di Riva di Chieri. Oggi è previsto un incontro tra Calenda e Margrethe Vestager, commissaria europea alla concorrenza. Gli scenari che si aprono all'orizzonte sono difficilmente prevedibili, anche perché l'Europa quasi mai si è occupata di delocalizzazione tra diversi stati membri. Il governo italiano accusa però quello slovacco di utilizzare i fondi europei per mantenere basse le tasse sul lavoro e favorire così gli investimenti dei grandi gruppi internazionali. Del caso, comunque, si sta occupando anche la Guardia di Finanza, che venerdì scorso ha effettuato un sopralluogo nello stabilimento: l'ipotesi è che siano state violate le leggi italiane sugli aiuti di stato, poiché dal 2000 l'azienda ne ha ricevuti molti, tutti quelli sopracitati.
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