Secondo il rapporto, quasi due terzi dell'utile ante imposte dei 21 giganti websoft (in ordine di capitalizzazione di Borsa Alphabet, cioè Google, Microsoft, Amazon e Facebook, più Apple e le cinesi) è tassato nei Paesi dove la pressione fiscale è inferiore. Per le società statunitensi, l'aliquota media risulta del 19,5%, quando quella americana è al 35%: di conseguenza fuori dai confini nazionali (e in particolare in Europa) pagano molte meno tasse, con un'aliquota media di circa il 10%.
Merito della cosiddetta “ottimizzazione fiscale” ovvero degli accordi fra la capogruppo statunitense e le sue controllate con sede nei paradisi fiscali. Tutti i gruppi cinesi maggiori, a cominciare da Alibaba e Tencent, hanno sede direttamente nelle isole Cayman. Dopo Facebook (che destina gli utili ante imposte alle controllate, pari al 49% del totale, soprattutto in Irlanda e a Singapore) nella classifica di chi riesce a pagare meno tasse, c'è Alphabet (4% di tax rate all'estero, dove genera il 50% degli utili complessivi) e Paypal (6% di aliquota media). È un trend in crescita: secondo R&S Mediobanca, il settore nel solo 2016 ha risparmiato oltre 11 miliardi di imposte, contro i 7 miliardi elusi nel 2012.