Dieci trimestri di ripresa
per l’Italia un'occasione d’oro

Dieci trimestri di ripresa per l’Italia un'occasione d’oro
di Marco Esposito
Martedì 15 Agosto 2017, 09:15 - Ultimo agg. 23:34
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L’attesa è per domani mattina alle 10. L’Istat comunicherà la stima del Pil del secondo trimestre dell’anno. Il Pil è quel numeretto che mette insieme l’attività complessiva di un Paese: è il termometro dello stato di salute della signora Italia. Per il Pil dell’aprile-giugno 2017 ci si aspetta una variazione positiva piccola: lo 0,3% o lo 0,4% in più rispetto al trimestre precedente. Un valore inferiore se raffrontato a quello medio di Eurolandia, che per il secondo trimestre è già noto e si attesta a quota +0,6%.

Ma, se le attese saranno confermate, sarà il decimo segno positivo consecutivo. Dieci trimestri sono due anni e mezzo di crescita a passo moderato e costante. Confortano anche i dati Eurostat, con la produzione industriale italiana cresciuta a giugno del 5,3% su base annua contro il 2,6% di Eurolandia. Ma se si guarda il livello del 2010, la produzione italiana è ancora a 96,8 mentre la media dell’area euro è di 107,3. Siamo quindi in un periodo d’oro, tale da cambiare nel profondo le aspettative oppure l’Italia è ormai troppo fragile nella sua struttura per cogliere l’occasione? Tocca agli economisti provare a scrutare e a suggerire ricette. Il decano di loro - il prossimo Natale farà 80 anni - è Alberto Quadrio Curzio.

Il quale esordisce con una premessa: «C’è la ripresa, vero. Ma non dimentichiamo che la crisi che abbiamo attraversato dal 2008 al 2014 è stata la più grave dal dopoguerra. E l’Italia ha retto. C’è stata tenuta sociale, non sottovalutiamolo». Merito, secondo l’economista valtellinese, del «diffuso senso di responsabilità anche da parte sindacale». La crisi è stata anche - come dicono i cinesi - un’occasione. Il sistema imprenditoriale italiano non solo ha retto il colpo ma si è trasformato e finalmente ha imparato a migliorarsi senza le scorciatoie della svalutazione. «Anzi - sottolinea Quadrio Curzio - l’euro si è persino rafforzato. Ora l’Italia ha un settore manifatturiero potentissimo, secondo in Europa dopo la Germania per avanzi commerciali».

Promossi i sindacati, promossi gli imprenditori e promossi anche i governi recenti: «Non vanno sottovalutati i contributi degli ammortizzatori sociali e poi delle riforme, la decontribuzione, il Jobs act e ora Industria 4.0. Ho apprezzato molto anche la capacità del governo e di Piercarlo Padoan in particolare di ottenere dall’Europa una lettura non rigida del fiscal compact». E per il futuro? Quadrio Curzio invita a concentrare l’attenzione verso chi, nonostante la ripresa, è ancora dietro il 2008: il Sud e i giovani. Due focus che in larga parte coincidono. «Dal Sud emigrano risorse umane formidabili, delle quali a lungo ha beneficiato il Nord. Ora si rischia che i giovani vadano direttamente all’estero. La mia ricetta? Una forte decontribuzione fiscale tarata per la fascia 29-34 anni. Gli anni in cui si pensa a metter su famiglia».

Anche Francesco Giavazzi, classe 1949, economista alla Bocconi concorda che siamo in fase di autentica ripresa, sia pure a ritmo non da boom. «È cambiata l’aria: i dati economici sono uno dopo l’altro confermati e il 2017 porterà un incremento del Pil tra l’1 e il 2 per cento. Tuttavia questo livello di crescita non è sufficiente a ridurre la disoccupazione quanto vorremmo». Per fare di più, Giavazzi non ha dubbi sulla ricetta da mettere in campo: la liberalizzazione dei servizi pubblici locali. «La produttività del settore privato in Italia è buona mentre il pubblico va molto male. Finché avremo tante aziende pubbliche locali possedute dai sindaci non si crescerà. Questo è il momento per riformare il settore».

Tra i consulenti economici del leader del Pd Matteo Renzi, c’è Marco Fortis, 61 anni, il quale sta conducendo una battaglia contro «il partito del malumore». I numeri, in effetti, gli danno ragione, in particolare sulla produzione industriale. E per domani spera in qualcosina in più dello 0,3-0,4% di aumento del Pil. «Per il primo trimestre, nella stima preliminare, l’Istat aveva comunicato un aumento dello 0,2% poi il dato è stato aggiornato a +0,4%. E comunque lo 0,5% trimestrale potrebbe arrivare per il periodo luglio-settembre, che è iniziato bene».

Certo, Spagna e Germania fanno meglio ma per chi guarda i dati con «buonumore» c’è sempre una spiegazione: «La Spagna cresce aumentando il deficit. La Germania va meglio di noi perché può consentirsi una maggiore spesa pubblica. L’anno scorso su 1,9 punti di crescita tedesca 0,8 erano azioni della pubblica amministrazione e 0,3 interventi edilizi per gli immigrati». Persino i numeri, già ottimi, dell’aumento della produzione industriale secondo Fortis andrebbero letti in maniera ancor più positiva.

«C’è una ragione tecnica - spiega - l’Istat ha ancora ferma la base statistica al 2010. Ma l’industria italiana in questi anni di crisi è cambiata moltissimo. Abbiamo più farmaceutico, più meccanica. Si pensi all’export di auto prodotte in Basilicata. Le variazioni di questi settori vengono pesate in base alla fotografia del 2010, ormai lontana». Se si entra nel dettaglio degli indici però, ammette Fortis, emerge la situazione del Sud, ancora lontanissimo dai livelli pre-crisi. «Il Mezzogiorno deve fare sia uno sprint sia mantenere il passo accelerato a lungo. Mi incoraggiano alcuni fenomeni come un incremento del turismo e certe eccellenze agricole e industriali». 



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