Allarme Mezzogiorno: 1,8 milioni di giovani senza lavoro e studio

Allarme Mezzogiorno: 1,8 milioni di giovani senza lavoro e studio
di Nando Santonastaso
Giovedì 28 Dicembre 2017, 09:29 - Ultimo agg. 20:06
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Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni lo aveva detto nell'intervento di apertura della giornata organizzata dal Mattino al Teatro nazionale Mercadante sulla fuga dei cervelli e dei giovani dal Sud: Mai come adesso si può investire nel Mezzogiorno aveva spiegato il premier riferendosi ai provvedimenti adottati dal suo governo (anche in continuità con quelli varati dal suo predecessore, Matteo Renzi). E ieri a confermare che il vento della ripresa sta soffiando con una buona intensità anche da queste parti, lasciando intendere che nel 2018 le cose potrebbero anche andare meglio, è l'annuale check up sul Meridione promosso da Confindustria e realizzato in collaborazione con Srm, la società del gruppo Intesa Sanpaolo che a Napoli presenta anche studi e ricerche di alto profilo sugli scenari economici dell'area mediterranea. Nel 2017 il Sud ha fatto registrare il segno più in tutti gli indicatori, dal Pil all'occupazione, dagli investimenti (ma limitatamente a quelli privati) all'export, al numero di nuove imprese. Per sottolinearne solo alcuni, spiccano i 6 milioni e 234 mila occupati (al primo trimestre di quest'anno) che confermano una tendenza in atto ormai dal 2014 (quell'anno al Sud avevano un lavoro solo 5 milioni e 856mila persone). O l'1,1 per cento di Pil che potrebbe crescere ancora nel 2018 e che lo scorso anno è stato il più alto tra le macroaree territoriali del Paese. Naturalmente le ombre sono ancora vistose, a cominciare dal numero dei neet (i giovani che non studiano e non cercano un'occupazione), oltre quota 1milione e 800 mila anche se crescono i contratti e l'autoimprenditorialità, come dimostra l'incoraggiante esperienza della Regione Campania. Per non parlare del crollo della spesa pubblica in conto capitale che ha toccato il fondo proprio quest'anno come emerge dai Conti pubblici territoriali e pesa come una zavorra sulla prospettiva di sviluppo di quest'area.
 
Ma il check up Mezzogiorno, coordinato da Massimo Sabatini segnala anche due novità non proprio trascurabili. La prima si riferisce all'aumento delle imprese di capitale che sono arrivate a quota 300mila sul totale di un milione e 700mla aziende censite nella macroarea. E' un dato importante perché conferma la crescita anche in termini di solidità del sistema e offre di conseguenza margini di approccio al sistema del credito di gran lunga più continuo e affidabile: un conto è presentarsi in banca con un bilancio claudicante, un altro è disporre di una capitalizzazione credibile.

La seconda novità è che aumentano le imprese con un numero di addetti tra 10 e 49: nel 2017, su 100 aziende, sono proprio queste ultime ad essere in maggioranza e la cosa, in un contesto nel quale le pmi di dimensioni micro (sotto i 10 addetti, cioè) sono di gran lunga le più rappresentate, fa decisamente notizia. E' la dimostrazione che piccolo non è più indispensabile e che la solidità del sistema sta crescendo, al pari del livello di capitalizzazione. Dal check up non si ha la possibilità anche di sapere a quali settori appartengono queste aziende (i dati analitici saranno pubblicati dalla Fondazione La Malfa). Ma la sensazione è che sia iniziata una tendenza e che essa provenga anche dall'agricoltura, non a caso il settore produttivo che mostra una sempre più crescente vivacità imprenditoriale.

In termini di brillantezza non è da ameno l'export-turismo al quale il rapporto Confindustria-Srm dedica un approfondimento ad hoc. Anche qui, a parte la conferma di una crescita significativa di fatturato e presenze (l'utilizzo delle camere di albergo è aumentato sensibilmente nel 2017) ci sono anche altri fattori positivi. Il livello di qualità, ad esempio, degli alberghi a 4 e 5 stelle del Sud è superiore a quello del Nord: non saranno tantissimi ma bastano a fare la differenza in base a indici di valutazione rigorosi e internazionali. E' in fondo anche la riprova che a certi standard di competitività e di concorrenza la risposta che arriva dal Mezzogiorno è mediamente alta. Il che lascia ben sperare per il successo di Resto al Sud, la misura di incentivazione all'imprenditorialità giovanile contenuta nell'ultimo decreto Mezzogiorno, il cui accesso è previsto dalla metà di gennaio e che secondo le previsioni sarà un boom.

Nel Sud che stabilizza la crescita, in attesa che diventi sviluppo vero e proprio come non si stanca mai di ripetere il presidente Svimez Adriano Giannola, c'è anche la fondata speranza di vivere un 2018 all'insegna di un ulteriore sprint. L'anno prossimo infatti si conosceranno i dati reali del credito d'imposta, riservato solo a chi investe nel Sud, e quelli relativi alle assunzioni al 100 per 100 per giovani e disoccupati il cui bonus durerà tutto l'anno. Sono due voci strategiche, intanto perché all'appello rispetto all'inizio della crisi mancano almeno 200mila posti di lavoro, ma anche perché il rischio che a lungo andare si rafforzi la tendenza all'utilizzo di contratti part time opportunamente segnalata dall'ultimo rapporto Svimez per i neoassunti è fin troppo reale. La beffa insomma di aver creato incentivi importanti per non dare vita a posti di lavoro duraturi e meritocratici è dietro l'angolo. E questo a medio termine avrebbe un solo, drammatico effetto: riportare il Mezzogiorno indietro, con i suoi giovani sempre più in fuga e la burocrazia, già al primo posto per inefficienza, ancora felice di festeggiare il suo mancato ricambio generazionale.
 
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