Belfer e il suo maestro Korczak, pediatra-scrittore ed eroe: la Shoah dei bambini

Itzschak Belfer, l'ultimo sopravvissuto dei bambini di Janusz Korczak
Itzschak Belfer, l'ultimo sopravvissuto dei bambini di Janusz Korczak
di Donatella Trotta
Mercoledì 23 Gennaio 2019, 14:58 - Ultimo agg. 16:44
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La Shoah raccontata ai bambini. Per non dimenticare. Mai. E per cercare di elaborare un pensiero critico anche su un presente (e futuro, ovviamente) che può annidare gli stessi semi velenosi di indifferenza, complicità e odio che portarono all’Olocausto e a tanti altri genocidi, più o meno dimenticati: come quello degli Armeni, ma non solo. L’editoria specializzata per ragazzi offre molti titoli significativi sul tema, che inevitabilmente si addensano in prossimità della Giornata della Memoria. E a parte alcuni testi ormai classici (come Il bambino con il pigiama a righe di John Boyne, diventato anche film, o i libri di Lia Levi, Irène Cohen Janca, Liliana Segre, Helga Schneider, Uri Orlev e Matteo Corradini, per citare solo qualche esempio d’autore), ogni anno l’offerta di letture si rinnova – fortunatamente - con nuove proposte. Qui ne segnaliamo qualcuna tra le più recenti. E significative.

Il medico che educava i piccoli. Ricordate la straordinaria figura del dottor Janusz Korczak (1878-1942), pediatra, scrittore e innovativo pedagogista polacco di origine ebraica, vittima dell’Olocausto perché volle seguire il destino dei “suoi” bambini dell’orfanotrofio ebraico Casa degli orfani nel ghetto di Varsavia, accompagnandoli il 6 agosto del 1942 nel campo di sterminio di Treblinka? Bene, dopo il bellissimo albo pubblicato tre anni fa da Orecchio Acerbo (L’ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini, di Irène Cohen Janca con le magiche illustrazioni di Maurizio A.C. Quarello), l’editore Gallucci offre ora un prezioso supplemento di informazioni. In “presa diretta”. Con la possibilità di assaporare il racconto autobiografico, “sul campo”, proprio da parte di uno di quegli ex bambini, tra i pochissimi di Korczak sopravvissuti alla Shoah: si chiama Itzchak Belfer, è nato in Polonia, è uno dei maggiori artisti ebrei viventi e, dai sette anni appena compiuti è cresciuto, per quasi dieci anni, nell’orfanotrofio gestito con metodi creativi da Korczak. Forse, è proprio e anche grazie agli originali metodi educativi del futuro martire della Shoah che Belfer è diventato pittore e scultore, oltre che testimone dell’orrore della Shoah.

Un testimone diventato artista. Ed è bello che il libro per bambini e ragazzi di Itzchak Belfer si intitoli (e sia dedicato a) Il mio maestro Janusz Korczak, consentendo di recuperare il versante educativo della militanza e del sacrificio esemplari del pediatra-scrittore le cui teorie sull’educazione - innovative quanto quelle di Maria Montessori e Rudolph Steiner – hanno tanto da dire ancora ogg, al mondo della formazione e della scuola. Nel libro, Belfer ricostruisce infatti la propria vita quotidiana all’interno dell’orfanotrofio, narrando così in parallelo anche il lavoro Korczak. Quando viene accolto, piccolo e impaurito, trova un mondo tutto nuovo per lui. Ma i suoi timori iniziali si trasformano presto in stupore e meraviglia proprio grazie al metodo educativo non convenzionale del dottore: Itzchak impara subitro ad assumersi le proprie responsabilità, a vivere in armonia con gli altri e a tirare fuori il meglio da se stesso, scoprendo così la fatica, ma anche le grandi soddisfazioni, che derivano dall’essere - veramente - liberi. Come è tristemente noto, la Casa degli Orfani verrà chiusa dai nazisti e i bambini con il loro pediatra-maestro verranno deportati a Treblinka. Itzchak, scampato a questo destino, ha deciso di raccontare la sua storia, che ha cambiato per sempre la sua manifera di guardare il mondo, perché gli insegnamenti e l’opera di Janusz Korczak non vadano perduti.

Un tributo necessario, in memoria di un uomo onorato anche dallo Yad Vashem di Gerusalemme (che gli ha dedicato una piazza e un celebre monumento), oltre che da una pellicola di Andrzej Wajda che ne ripercorre la vicenda. Un seme di speranza da coltivare, in tempi piuttosto bui, facendosi ispirare da teorie pedagogiche innovative ed efficaci (la Repubblica dei Bambini con tanto di Parlamento, codici, tribunali, la lettura del giornale, il teatro e le colonie estive…) che non a caso hanno ispirato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino e sono (o possono) essere applicate, ancora oggi, da insegnanti di tutto il mondo.

La magia dell’albo illustrato. Ancora un’autrice polacca, ancora una storia (struggente) di bambini ma trasfigurata dall’incanto sospeso di un albo illustrato che ha conquistato la prestigiosa menzione White Raven “tra gli albi più belli al mondo”: stiamo parlando di Fumo (Logos Edizioni), toccante storia raccontata con sensibilità e pudore dalla talentuosa illustratrice polacca residente a Parigi Joanna Concejo con Antòn Fortes, tra immagini e parole di enorme intensità, capaci di trasfigurare in bellezza e persino in poesia una realtà tremenda: quella di un bambino internato in un lager, che racconta con asciutta semplicità la sua vicenda facendo riaffiorare ricordi della vita di prima alla quale, con la sua mamma separata dal marito per la violenza dei nazisti, è stato strappato. Il libro, di cui esiste un efficace trailer su You Tube (digitando titolo e autori), riesce a dire l’indicibile, a trasmettere in sintesi la psiche di un bambino condannato a morte dall’insensatezza del Male e ad evocare uno dei peggiori inferni dei viventi del XX secolo grazie alla mediazione dell’arte: che - pur con la delicatezza estrema degli autori - non risparmia tuttavia nulla ai lettori. Piccoli e grandi.

Stelle e stelline. Punta invece sulla trasmissione tra nonni e nipoti il libro illustrato La stella che non brilla (Gribaudo), firmato dalla scrittrice ed ebraista Guia Risari con le immagini della pittrice e illustratrice Gioia Marchegiani. La trama è semplice: una bambina trova in soffitta una scatola di latta: dentro, c’è una stella di stoffa che una volta doveva essere gialla, ma il colore è ormai sbiadito. Quando interroga il padre sulla sua provenienza, lo vede impallidire. Il papà non parla, ma le promette che sarà il nonno a raccontarle la lunga storia di quella stellina. Cosa che avverrà nel pomeriggio, con l’anziano che arriva a casa apposta per narrare alla nipotina ciò che attende da lui. Non è una fiaba a lieto fine, ma una vicenda cupa, che conserva le tinte fosche delle discriminazioni razziali con i loro drammatici effetti, fino alla tragedia finale. Una storia vera, che farà commuovere la bambina consapevole però, alla fine, che - come le dice con dolcezza il nonno - è meglio sapere e non dimenticare, che ignorare quanto è accaduto. Così, grazie alla figura rassicurante di un nonno, punto di riferimento in molte famiglie unite, le autrici riescono ad affrontare il tema della Shoah e le atrocità dei nazifascismi (sempre in agguato) anche con i lettori più piccoli.

La forza della musica. Se è vero, come scriveva Primo Levi in La tregua, che «guerra è per sempre», l’arte in senso lato può essere un potente (e terapeutico) veicolo di trasformazione, consapevolezza, accesso alla bellezza spesso negata e persino, in qualche caso, strumento di superamento del dolore. Lo può dimostrare l’antologia in uscita in questi giorni (dal 24 gennaio nelle librerie) come novità editoriale di Interlinea, a cura di Giovanni Tesio, dal titolo Nell’abisso del Lager. Voci poetiche sulla Shoah. Un libro, questo, per adulti e tuttavia cruciale, anche rispetto alla nota convinzione del filosofo Theodor W. Adorno, per il quale «Dopo Auschwitz scrivere ancora poesie è barbaro»: provocazione che ha suscitato e continua a suscitare polemiche, ma che in questo caso funzionato da stimolo a riscoprire le voci poetiche più intense della Shoah, per la prima volta riunite in un’antologia internazionale con il loro intatto valore di testimonianza (non soltanto estetica) e riflessione riverberato dai testi – tra gli altri - di Paul Celan, Nelly Sachs, Dietrich Bonhoefferr, Mario Luzi, Antonella Anedda, Erri de Luca. Capaci di scuotere le coscienze a vari livelli.

Ma tornando ai bambini, ai quali Interlinea dedica dal 2001 attenzione progettuale con la collana Le Rane, del cui comitato editoriale fa parte, tra gli altri, Anna lavatelli (già docente, dagli anni ’80 affermata autrice per bambini e ragazzi sensibile ai problemi della realtà contemporanea), vale la pena segnalare proprio un libro scritto da Lavatelli con le splendide illustrazioni dell’artista Cinzia Ghigliano per la Giornata della Memoria 2018, che continua con successo anche nel 2019 il suo cammino nelle scuole e nelle biblioteche italiane con presentazioni e reading musicali: si intitola Il violino di Auschwitz ed è tratto da una toccante storia vera, quella di Eva Maria Levy e del suo violino. Cicci, la protagonista, ha tutto ciò che una ragazza possa desiderare: una vita bella e agiata, una famiglia che le vuole bene, tanti amici e una grande passione per la musica. Ma è ebrea. E durante la guerra tutto cambia. Le rimarrà solo il suo violino, da cui non si separerà a nessun costo. E sarà proprio lui a raccontare, dopo un lungo silenzio, la lenta discesa di Cicci verso l’inferno del campo di concentramento di Auschwitz, dove sarà costretta a suonare per le SS scoprendo, però, che la musica rende liberi. Un messaggio forte per la memoria e il futuro: di speranza e salvezza.
 
 
 
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