Almond, lo scrittore che dagli abissi marini riesce a far volare piccoli e grandi

Almond, lo scrittore che dagli abissi marini riesce a far volare piccoli e grandi
di Donatella Trotta
Mercoledì 27 Dicembre 2017, 13:42
7 Minuti di Lettura
Atteso ritorno, in libreria, del complesso e affascinante universo narrativo di David Almond. Con due libri che vale la pena di segnalare, in questo scorcio di fine anno: tempo di bilanci in cui è sempre più necessario ricorrere al supplemento d’anima e di pensiero offerto (anche) da buone letture di grandi autori. Per bambini e adulti: senza confini anagrafici, perché l’immaginario va nutrito (bene) in tutte le stagioni della vita. Magari, per evitare derive pericolose come quelle – ad esempio – che stanno insanguinando le strade di Napoli e dintorni con minorenni come protagonisti.
 
E allora la prima doverosa segnalazione riguarda lo splendido albo illustrato per tutte le età, appena pubblicato con la consueta e raffinata cura grafica da parte dell’editore romano Orecchio Acerbo, dal titolo Il sogno del Nautilus (pp. 48, euro 17,50 nella puntuale traduzione di Mariano Abeni). Un libro visionario e originalissimo nella sua pluralità di registri narrativi in cui – letteralmente – immergersi per assaporare i testi evocativi – poetici, onirici, filosofici e spiazzanti - di Almond e le superbe tavole, altrettanto densamente metaforiche, dell’artista Dieter Wiesmüller, preziosamente virate su tutte le tonalità degli azzurri, dei verdi e dei blu sottomarini per ambientare il nostro mondo sommerso dagli oceani – quasi una novella Atlantide – in un futuro remoto. Un futuro distopico (ipotesi non lontana dal vero) dove non resta traccia di umanità, se non nei grandi monumenti di diverse civiltà intorno ai quali fluttuano, comunicando tra loro e con noi lettori, schiere di esponenti della fauna ittica: unici sopravvissuti di tutte le varietà e le specie a ricordarci l’esistenza della vita. Ed è il misterioso, silente popolo del mare a interpellarci allora sulla scomparsa degli esseri umani: che continuano tuttavia a vivere nella memoria di visioni, leggende, miti, nei frammenti di sogni e storie, nell’eco di canzoni echeggiate da cetacei e pesci, molluschi e crostacei in una danza incessante tra luce e buio di abissi che simboleggiano il senso stesso dell’esistenza e della letteratura, per Almond “speranza delle creature narranti” contro la disgregazione (evitabile, con un atto di ottimismo della volontà) del mondo. 

Non solo. Con un tono molto più leggero, scanzonato e ironico, David Almond, il grande scrittore inglese non a caso insignito del prestigioso Hans Christian Andersen Award come migliore autore per ragazzi, amato dal 1998 in tutto il mondo per romanzi potenti come Skellig, La storia di Mina, Argilla, Il selvaggio,  è tornato quest’anno in Italia anche con il suo primo romanzo per lettori più piccoli: si intitola My Dad’s a Birdman ("Mio papà è un uccello", tradotto come Mio papà sa volare! da Alessandro Peroni per Salani, pp. 128, euro 14,90, con le vivaci illustrazioni di Polly Dunbar). Un libro in cui l’universo narrativo di Almond, centrato in molti casi sugli affetti familiari, segnato – spesso - dal trauma di una perdita e sublimato – sempre - dal potere trasformante della fantasia, ha qui una cifra più lieve e umoristica, non perturbante come in altri romanzi dell’autore per lettori adolescenti. Protagonista, un papà depresso dopo la morte della moglie e sua figlia Lizzie, bambina coraggiosa e forte, che accoglie le stravaganze del padre aiutandolo con la presenza costante del suo amore incondizionato per lui. Un messaggio significativo di empatia, rispetto e ascolto che rilancia con un sorriso, per lettori più piccoli, alcuni dei temi molto cari all’autore di culto soprattutto tra gli YA, Young Adults o adolescenti. Ne abbiamo parlato con David Almond quando è venuto a Milano per la prima presentazione del suo libro in Italia.
 
Almond, quanto ha influito su questo differente sguardo narrativo il fatto che lei ha concepito «My Dad’s a Birdman» per sua figlia bambina, nel 2007?
«Questo libro è nato prima come testo teatrale che mi è stato commissionato dal produttore dello spettacolo “Skellig”. Voleva che fosse indirizzato a un pubblico più giovane e che riprendesse i temi di Skellig, dove le ali avevano un ruolo fondamentale, così ho pensato di dare al volo un significato centrale nella nuova storia. Il romanzo è nato due anni dopo. Allora mia figlia aveva otto anni e l'ho pensato per lei più leggero e luminoso dei miei precedenti. E ho anche previsto che avesse le illustrazioni».

La storia ha una sua morale di fondo, adombrata dall’ossessione del padre dopo la perdita della moglie e rilanciata dal signor Poop, pingue e buffo banditore della Grande Gara degli Uccelli Umani: «ali e fede», ma anche «speranza e amore», perché, indipendentemente dal risultato «se ci credi, ci riesci», lei scrive. Una metafora del potere trasformante della letteratura?
«Ho cercato di spiegare, attraverso la storia di Lizzie e di suo padre, che nella vita siamo messi di fronte a molte sfide. Se pensiamo di non poterle affrontare è meglio rinunciare fin dal principio. Invece sono convinto che possiamo superare le difficoltà che il mondo ci pone grazie all’amore e al coraggio. Ma soprattutto grazie all'immaginazione che ci consente di affrontare prima di tutto noi stessi, di metterci alla prova, e ci insegna a essere creativi. Il potere del cambiamento è proprio la metafora della letteratura, altrimenti perché scrivere libri, poesie e canzoni? È il balzo che ci permette di fare l’immaginazione, che ci aiuta nei momenti difficili e rende la vita più movimentata e meno piatta».

La figura di Lizzie (bimba giudiziosa e sensibile, coraggiosa e indipendente che riesce a prendersi cura come una mamma del suo papà fragile e smarrito), riverbera molti altri pgiovani protagonisti dei libri di Almond. È lei che riesce a vedere ciò che è invisibile agli occhi, ma visibile al cuore: un messaggio attuale, per tanti adulti inadeguati ad ascoltare la poesia, l'alterità (e certa irriducibile “wilderness”) dell’infanzia?  
«Spesso gli adulti crescono dimenticando il bambino che è in loro e quello che sono stati. Credo che per vivere una vita piena e felice sia necessario concedere a noi stessi di tornare fanciulli. Purtroppo i bambini piccoli nel nostro mondo sono guardati con sufficienza e si dimentica quanto in loro la creatività sia straordinaria e come permetta di vincere difficoltà e paure».

Nei suoi libri, da «Skellig» attraverso «Il bambino che si arrampicò fino alla luna», «La vera storia del mostro Billy Dean» sino a «Topo, Uccello, Serpente, Lupo» la simbologia - non solo angelica - del volo e dei volatili ricorre, come la sottile linea di confine tra realtà e fantasia oltrepassata dalla «speranza delle creature narranti»: quanto deve l’ispirazione di Almond alla sua formazione cattolica?
«Per me il tema del volo è molto importante. All'inizio non mi chiedevo se avesse un legame con la mia educazione cattolica. Non saprei darmi una spiegazione razionale, ma forse è legata alla figura potentemente metaforica degli angeli. Fin da piccolo sono stato affascinato da queste creature straordinarie che sono gli uccelli, forse per questo si trovano spesso nei miei libri; rappresentano libertà, gioia di vivere».

In un altro suo libro, «Occhi di cielo», Almond scriveva: «Tutte le storie potrebbero essere tristi. Ma non sono storie tristi. Ci vogliamo bene, e le nostre storie si mescolano e si fondono come le correnti vorticose di un fiume. Ci teniamo stretti gli uni agli altri mentre giriamo e barcolliamo sulle nostre vite. Ci sono momenti di grande gioia e magia. Le cose più meravigliose sono lì ad aspettarci ogni giorno, per ogni pagina che viene voltata»: sembra la poesia giocosa e scanzonata che attraversa anche «My Dad’s Birdman», o no?
«Gioia e magia sono fondamentali in questo libro. Sono convinto che scrivere una storia, sia essa gioiosa o cupa, sia sempre un atto di ottimismo. Girare ogni volta una pagina di un libro significa continuare a scoprire i momenti meravigliosi che la vita ci regala. Per questo mi sono affidato, per le illustrazioni, al lavoro di Polly Dunbar, che mi piace molto. Mi sono fidato di lei e l’ho lasciata libera di ricreare la mia storia come meglio preferiva. Le ho semplicemente mandato la bozza del libro senza darle indicazioni particolari né controllare le sue scelte e sono stato felicissimo del risultato».

E come ha trovato Almond il suo timbro in questo piccolo libro per i più piccoli, preservando la loro innocenza nei buchi neri che insidiano, non solo con il dolore, il mondo e l’equilibrio psicofisico delle persone? 
«La personalità di Lizzie ha un ruolo cruciale nella storia, ma anche nel ritmo del testo. Detta i tempi del libro e gli regala un’atmosfera lieve. Mi capita spesso, quando scrivo, che sia il protagonista stesso a prendere le redini del mio lavoro e così lo lascio libero di esprimersi. All’inizio non so mai come andrà a finire ciò che sto raccontando. Lizzie ha un forte senso dell'umorismo e così la storia ne è permeata».
 
Al punto di contagiare i lettori con l’energia di una felicità perduta, cercata e riconquistata, dopo gli strappi del destino, ricomponendo l’equilibrio spezzato grazie ad un’unione di anticonformismo e buonsenso, tenacia e amore, entusiasmo e accettazione del proprio destino. Capaci di far spiccare il volo a chiunque.  
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA