Garcia Marquez, Cent'anni di solitudine e i mille dubbi dello scrittore

Gabriel Garcia Marquez
Gabriel Garcia Marquez
di Paola Del Vecchio
Domenica 28 Maggio 2017, 18:12
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MADRID - Prove tecniche di un’opera maestra. Martedì si compiono 50 anni dalla pubblicazione di ‘Cent’anni di solitudine’, il capolavoro del realismo magico che avvalse il premio Nobel al suo autore, Gabriel Garcia Marquez, scomparso il 14 aprile del 2014. E, se è certo che una serie di avvenimenti nella vita dello scrittore colombiano furono il germe dello sguardo innovativo e originalissimo, che segnò un prima e un dopo nella letteratura latinoamericana, è anche vero che la gestazione dell’opera fu parecchio travagliata. Mesi prima della pubblicazione del romanzo, avvenuta il 30 maggio del 1967, Gabo non era per nulla sicuro della sua qualità. Al punto che, per sondare l’accoglienza fra i lettori e poi eventualmente realizzare i cambi necessari, pubblicò i primi sette capitoli, quelli più azzardati, come l’iniziale dell’ascensione al cielo della bella Remedio, su quotidiani e riviste che circolavano in oltre 20 paesi.

 A mettere a confronto le sezioni anticipate con l’opera finale, è stato il ricercatore e professore del Whitman College, Alvaro Santana-Acuna, che in un articolo su El Pais rivela i dubbi che agitavano l’autore del capolavoro, poi tradotto in una quarantina di lingue e venduto in oltre 20 milioni di esemplari. “Quando ho letto quello che avevo scritto ho avuto la demoralizzante impressione di trovarmi in un’avventura che poteva essere tanto fortunata come catastrofica”, scrisse Garcia Marquez in una lettera a un amico a proposito della novella, dove narra la vicenda di varie generazioni della famiglia Buendia, il cui capostipite, José Arcadio, fonda alla fine del XIX secolo la città di Macondo. La storia, narrata con uno stile molto personale e ricco di ‘flashforward’, che anticipano in maniera drammatica avvenimenti ancora da narrare, fu quindi anticipata per un terzo dei suoi 20 capitoli su riviste edite a Parigi, negli Stati Uniti, in Colombia e in Spagna. I paesi dove Alvaro Santana-Acuna ha svolto un meticoloso lavoro di topo di biblioteca, per mettere a confronto le sette sezioni iniziali con quelle editi nel romanzo finale. Un importante lavoro di ricerca, dato che finora si credevano identici, poiché lo stesso Garcia Marquez dichiarò di aver bruciato le note e i manoscritti dopo aver ricevuto la prima copia del libro.

Invece Santana-Acuna ha individuato oltre 42 cambi significativi nel solo primo capitolo. Fra le modifiche, una relativa alla nascita del colonnello Aureliano Buendia, che nella versione definitiva “aveva pianto nel ventre di sua madre ed era nato con gli occhi aperti”; mentre, nella puntata anticipata da ‘El Espectador’, veniva alla luce in maniera per nulla epica, con la levatrice gli dava “tre sculacciate energiche” per farlo piangere. La stessa Macondo, che nel romanzo è un paese isolato dalla civiltà, senza un’esatta ubicazione, nella versione pubblicata il 1º maggio 1967 dallo stesso giornale colombiano era invece facilmente individuabile “a occidente dei banchi di sabbia del fiume de La Magdalena”, in Colombia. “Garcia Marquez soppresse questi e altri dettagli sulla localizzazione concreta del villaggio, per creare nel lettore l’impressione che potesse trattarsi di uno dei tipici paesini di qualunque Paese latinoamericano”, annota Santana-Acuna.

Cambi di linguaggio, di struttura, di ambientazione, ma anche nella descrizione dei personaggi, per renderli universali e avvolti da un alone leggendario. Nel secondo capitolo, pubblicato sulla rivista ‘Mondo’, edita a Parigi e in quegli anni principale vetrina del boom della letteratura latinoamericana, fra le 51 modifiche individuate dallo studioso, anche quella relativa alla parte in cui Ursula, la madre di José Arcadio Buendia, teme che il figlio nasca con la coda di maiale. Viene al mondo come “un figlio in salute”, nella prima versione, per acquistare drammaticità in quella definitiva: “Diede alla luce un figlio con tutte le sue parti umane”. Per l’anticipazione del terzo capitolo, il più temerario dell’ascensione al cielo di Remedios la bella, Garcia Marquez scelse la rivista peruviana ‘Amaru’, di avanguardia letteraria, letta da scrittori e critici avveduti. “Ho convocato qui la gente più esigente, esperta e franca. Il risultato è stato formidabile, soprattutto perché il capitolo letto era il più pericoloso: l’ascesa al cielo, in corpo e anima, di Remedios Buendia”, scrive all’amico Plinio Apuleyo Mendoza il futuro Nobel, sempre pronto ad accogliere i suggerimenti di amici e lettori ‘forti’. E a introdurre variazioni o nuovi contenuti per enfatizzare la forza ‘mitologica’ della narrazione. Come nel capitolo sulla pioggia caduta su Macondo ininterrottamente per quattro giorni, pubblicato nell’aprile del 1967 dalla rivista messicana ‘Dialogos’, quando Fernanda del Carpio termina un lungo monologo rinfacciando al marito Aureliano Segundo di essere “abituato a vivere delle donne”. Nella versione definitiva diventa: “abituato a vivere delle donne e convinto di aver sposato la moglie di Giona, che rimase tanto tranquilla con la storia della balena… “. Piccole grandi differenze che hanno fatto di Cent’anni di solitudine un romanzo immortale. 
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