Da Rino a Lenù, la saga de «L'amica geniale» con i nomi della famiglia Starnone

Da Rino a Lenù, la saga de «L'amica geniale» con i nomi della famiglia Starnone
di Vittorio Del Tufo
Martedì 11 Dicembre 2018, 07:30 - Ultimo agg. 11:01
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«Domenico era sveglio, curioso, vivacissimo. È cresciuto con noi, frequentava il rione, d'estate facevamo la villeggiatura assieme. Eravamo la sua famiglia. Era un ragazzino, ma amava i libri, l'arte, aveva grandi curiosità culturali. Ricordo le vacanze a Scauri, ricordo un pomeriggio in cui, tutti assieme, andammo a Paestum a visitare gli Scavi: gli brillavano gli occhi». Rino Mattiacci, 66 anni, ferroviere in pensione, è uno dei familiari di Domenico Starnone che ancora vivono nel Rione Luzzati, dov'è ambientata la storia di Lila e Lenuccia, le due protagoniste dell'Amica geniale. Con le sorelle Nunzia e Lenuccia, e tanti altri abitanti del quartiere popolare alla periferia orientale di Napoli, custodisce molti segreti d'infanzia dell'autore di Via Gemito. Il suo racconto, come quello di Nunzia Mattiacci, la sorella, conferma indirettamente una «verità» che da sempre, non solo al Rione Luttazzi, è sulla bocca di tutti: Elena Ferrante, la misteriosa scrittrice letta e acclamata in ogni parte del mondo, autrice della quadrilogia portata sul piccolo schermo da Saverio Costanzo proprio in questi giorni, è proprio Domenico Starnone. I nomi che compaiono nel libro, e nella fiction, non sono nomi di fantasia. Sono nomi di famiglia - la famiglia Mattiacci, innanzitutto, ma anche altre famiglie del rione - che lo scrittore avrebbe utilizzato per comporre il suo mosaico fino a dar vita a quello straordinario affresco che è L'amica geniale. Torniamo nel Rione Luzzatti dopo aver raccolto le prime confidenze di Nunzia, 75 anni, cugina di Starnone, residente nel «cancello 140» («Domenico frequentava il rione, veniva spessissimo a trovare i parenti»). E troviamo nuove conferme. «Io sono Rino, e mia sorella è Lenuccia. Vi dicono qualcosa questi nomi?».
 
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Su Elena Ferrante molte verità sono ancora da scoprire, ma le ombre lentamente si dissolvono, i volti e i protagonisti cominciano ad acquistare nitidezza. Nel libro della Ferrante (e nella fiction) Rino è il fratello maggiore di Lila, una delle due protagoniste. È il figlio dello «scarparo», un ragazzo che lavora sodo nel calzaturificio di famiglia. Insieme a loro c'è Nunzia, la madre di Lila, una donna mite che cerca di mettere ordine nella caotica vita della sua famiglia. Vuol dire che Starnone ha ritagliato i suoi personaggi, in modo meccanico, sui Mattiacci, sulle loro vite, utilizzando le loro storie personali? No, lo scrittore avrebbe semplicemente utilizzato i nomi di famiglia attribuendo però a ciascun personaggio tratti un po' dell'uno e un po' dell'altro, divertendosi a mescolare le carte. Così sono nati i personaggi di Rino, di Nunzia, di Lenuccia. Tutti nomi della (vera) famiglia Mattiacci che però, nella finzione letteraria, prendono strade diverse dalla vita reale. Così Elena Greco, la bambina diligente e timida che sogna, per sé, un futuro diverso da quello della madre, un futuro lontano dal rione, ha lo stesso nome di battesimo di Lenuccia, sorella (nella vita reale) di Rino e di Nunzia Mattiacci. E così via, fino a comporre l'intero mosaico, in un gioco di specchi che l'autore di Via Gemito ha (o avrebbe) sapientemente nascosto in tutti questi anni. E Lila, chi era Lila? «Forse la somma di vari personaggi reali. Ma più probabilmente Lila è lo stesso Domenico».

Il «geniale» Starnone, insomma, ha (o avrebbe) rielaborato i ricordi d'infanzia, trasfigurandoli in una magistrale e labirintica costruzione narrativa. Nel fare questo avrebbe utilizzato molto materiale autobiografico ma anche giocato di fantasia. Come dimostra, per esempio, la storia della vera Elena Mattiacci e della Elena Greco di fantasia. «Mia sorella Lenuccia non poteva permettersi di frequentare la scuola». Frammenti di verità diluiti nella finzione. Avete più sentito Starnone? «No, Domenico smise di frequentare il rione quando morì sua madre, Rosa D'Alessandro, la Rusinella di Via Gemito. Da allora non ci siamo più sentiti».
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La verità su Elena Ferrante è racchiusa in un fazzoletto di strade che ha cambiato faccia rispetto agli anni 50, l'epoca in cui è ambientata la prima parte della quadrilogia dell'Amica geniale. Strade che lambiscono il fascio di binari della stazione centrale e dove un tempo sorgeva il mitico stadio Ascarelli, prima che le bombe alleate, nel 42, lo riducessero a un cumulo di macerie. In queste strade all'epoca assai polverose che lambivano la zona delle paludi, e in particolare nella zona dei «giardinetti», Starnone, secondo il racconto dei parenti, «portava sempre con sé un quaderno, spesso disegnando le «storie» che prendevano vita davanti ai suoi occhi. Furono in molti, allora, tra i familiari, a predirgli un futuro da scrittore.
Le ombre prendono lentamente forma. Sarebbero proprio le memorie familiari, e l'infanzia trascorsa nel rione popolare, a fare da collante tra i diversi racconti di Starnone-Ferrante, da Via Gemito all'Amica geniale. Lo scrittore napoletano avrebbe poi materialmente scritto il ciclo dell'Amica geniale in tandem con la moglie Anita Raja, traduttrice per la e/o, la casa editrice che pubblica la Ferrante.
La famiglia Mattiacci - come conferma Maurizio Pagano, nato e cresciuto nel rione, autore assieme a Francesco Russo del libro «I luoghi dell'amica geniale» - è molto conosciuta e benvoluta da tutti, nel quartiere.

Nel rendere noto un particolare fino a ieri inedito - la circostanza, cioè, che Starnone negli anni 50 frequentava il Rione Luzzatti, e in particolare i cugini Mattiacci - ha ovviamente contribuito ad avvalorare un'ipotesi già largamente diffusa, negli ambienti giornalistici e letterari, e da molto tempo: quella che dietro la misteriosa Elena Ferrante si celi proprio l'autore di Via Gemito e di Lacci. Ma cadrebbe in errore chi si ostinasse a cercare, nei libri di Starnone, o della Ferrante, riferimenti diretti ai Mattiacci e alla loro vita reale. Che non ha niente a che vedere - ovviamente - con la figura dei pasticcieri descritta a tinte particolarmente fosche tanto nei libri firmati dalla Ferrante (L'amore molesto, L'amica geniale) quanto in quelli di Starnone (Via Gemito). Nell'Amore molesto, in particolare, l'orco che minaccia Delia è un «venditore di coloniali, un vecchio cupo che fabbricava gelati e dolci». E nell'Amica geniale i pasticcieri del rione, i Solara, dopo la morte di don Achille Carracci s'impadroniscono, di fatto, dell'intero quartiere. Nessun gioco di specchi, stavolta, con la famiglia Mattiacci. Anche il clima di violenza che - nella fiction - si respira nelle strade dove Lila e Lenuccia trascorrono l'infanzia sarebbe, per così dire, il frutto di una libera interpretazione dell'autore. «Non abbiamo mai visto bambine volare dalla finistra», affermano i familiari di Starnone. Quel che è certo, tra tanti echi, specchi, rimandi e misteri ancora da chiarire, è il successo planetario di un racconto che ha fatto breccia nel cuore di milioni di lettori. Il racconto di vite fragili, smarginate, sospese tra le lacrime (e gli orrori) della guerra e gli orrori di un dopoguerra dove tutto, nel bene e nel male, doveva ancora accadere.

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