«Vivo un incubo, mai preso
la pen drive del boss Zagaria»

«Vivo un incubo, mai preso la pen drive del boss Zagaria»
«Vivo un incubo, mai preso la pen drive del boss Zagaria»
di Marilù Musto
Giovedì 25 Maggio 2017, 06:50 - Ultimo agg. 26 Maggio, 19:38
3 Minuti di Lettura
«Perché dovrei parlare con i giornalisti? Mi hanno dipinto come un mostro, come un colluso montando un caso su di me che per trent’anni ho lavorato in polizia e alla squadra mobile di Napoli. Se una pen drive c’era, non l’ho presa io. Sto vivendo l’inferno per una cosa che non ho fatto, spero finisca tutto presto. Per fortuna ho la mia famiglia che mi da forza». Oscar Vesevo aspetta il suo turno per entrare in aula, nel tribunale di Napoli nord ad Aversa, chiamato a deporre come testimone nel processo «Medea», procedimento a cui è stato dato il nome della tragedia di Euripide per la ricostruzione dell'alternarsi di propositi di collusioni tra imprenditori e la camorra del clan dei Casalesi, a mo' di vendetta contro il sistema «ingessato» degli appalti pubblici.

Fra gli imprenditori imputati c'è Pino Fontana, quest’ultimo rinchiuso al 41 bis nel carcere di Bancali, in Sardegna, per essere stato il «socio occulto» del capo indiscusso del clan dei Casalesi, Michele Zagaria, nel business del mattone.

L’agente di polizia che ha catturato Zagaria è ora accusato dalla procura Antimafia di aver preso in consegna una penna usb appartenuta al «capo dei capi», catturato dopo quasi 17 anni di latitanza dagli uomini di Vittorio Pisani, dirigente della Mobile. Si dice «sfinito», Vesevo, per ciò che gli sta accadendo.

Aspetta di essere chiamato in aula per deporre in «Medea» nel Tribunale di Napoli nord, ma l’udienza salta per l’ennesima disfunzione di comunicazione: la Telecom non riesce a mettere in contatto la saletta del carcere di Bancali dove si trova Fontana, l’imputato principale, con l’auletta al primo piano del palazzo di giustizia.

Lo dice e lo scrive a verbale anche la presidente del collegio, Domenica Miele, costretta a spostare l’udienza il 31 maggio, al centro direzionale di Napoli, per l’ennesima volta. Vesevo va via, ma mentre lascia il palazzo di giustizia, si lascia andare a uno sfogo: «Mi hanno trasferito in servizio a Isernia, a 200 chilometri di distanza da casa. Quella pennetta non so cosa sia. Non c’eravamo solo noi quel giorno della cattura in via Mascagni a Casapesenna e chi ha eseguito le indagini lo sa». Un’affermazione che fa balenare un sospetto: la squadra mobile di Napoli ha catturando un boss introvabile da quasi vent’anni. Le cose dovevano andare proprio così? All’epoca Pisani era indagato - poi è stato assolto - e questo non era certo sfuggito agli addetti ai lavori. Al punto che il boss venne portato a Caserta e non a Napoli, sede della squadra mobile. Scattarono le indagini.

Si arriva al 2016. Il nome di Vesevo viene pronunciato per la prima volta da Rosaria Massa; la donna è la moglie dell’idraulico Vincenzo Inquieto che ospitava il capoclan Zagaria nella sua villetta di via Mascagni. Il nome viene messo in relazione con la penna usb sottratta dal covo ventiquattr'ore dopo la cattura del boss. Nello stesso giorno, l’8 dicembre del 2011, i computer della questura di Caserta e Napoli vanno in tilt. C’è un motivo: qualcuno, probabilmente, inserisce una penna usb nel computer trovato nel covo, ma siccome il portatile è intercettato, l’inserimento del dispositivo procura un «alert» su tutti i computer delle due questure. Chi è stato a eseguire l’inserimento? Il rebus non è stato ancora sciolto perché la penna usb, quella sparita dal covo, non è mai stata trovata. Ne parlano, però, i due fratelli Pezzella in un’automobile intercettata che discutono di «50 mila euro ceduti da Orlando Fontana a un agente di polizia in cambio della pennetta». Che, stando al pentito Salvatore Orabona di Trentola Ducenta, conteneva «nomi di politici e venne data a Filippo Capaldo, cognato di Zagaria».
I pm della Dda hanno, intanto, chiesto al gip e al Riesame una misura cautelare per Oscar Vesevo, ma quattro giudici hanno bocciato la richiesta. Le indagini sul conto di Vesevo non sono ancora chiuse.

Nella prossima udienza saranno ascoltati i vertici dei carabinieri e della guardia di finanza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA