Nel parco di Riardo dove sgorgano
le acque: due giorni di percorsi guidati

Nel parco di Riardo dove sgorgano le acque: due giorni di percorsi guidati
di Francesco Romanetti
Sabato 25 Marzo 2017, 09:58
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Inviato a Riardo 

Se la spassavano i Romani da queste parti. Non tutti, ma quelli ricchi sì. Chi qui se la spassava e chi da qui solo ci passava. Erano soprattutto mercanti, milizie, viaggiatori, che seguivano i percorsi della via Appia, da Capua e dalle province, per giungere all’Urbe. Passavano. Magari si fermavano, si ingozzavano. E bevevano. Giù nel gargarozzo scendeva, abbondante e generoso, il rosso Falerno. Oppure solo e semplicemente acqua. Perché le acque della Piana di Riardo erano conosciute e rinomate per le loro qualità, anche in epoca romana. Ne parla Plinio il Vecchio. Ne scrive Vitruvio, più o meno Duemila anni fa, quando annota che sunt nonnullae acidae venae fontium, qui si trovano alcune delle fonti di acque acidule. 

Riardo è un piccolo borgo d’aspetto medievale, nell’alta provincia di Caserta, che si arrampica sul versante settentrionale dei Monti Trebulani. Poco più di duemila abitanti. Arrivando in auto, dalla pianura si vede la sagoma, rozza e imponente, dell’antico castello longobardo dell’VIII secolo. Su il borgo. Giù, nella Piana di Riardo, si estende invece il Parco delle Sorgenti. Centoquarantacinque ettari di terreno, in parte coltivati, in parte coperti da boschi, querceti e prati. Ma per capirli, questi posti, il tempo oltre che in secoli e millenni, bisogna contarlo in milioni di anni. «Qui c’era il mare, tutte queste terre un tempo erano sommerse - dice Vittorio Paolucci, geologo, indicando le mappe dell’area - Poi le acque marine si sono ritirate e si sono sollevati monti e vulcani. Per questo il sottosuolo è formato prevalentemente da rocce di natura vulcanica, ricche di sali minerali, e da roccia carbonitica, legata alla formazione degli Appennini, che è invece ricca di calcio, magnesio e bicarbonato». Ed è per questo che le acque di cui parlavano Plinio e Vitruvio avevano (e hanno ancora) caratteristiche che non si trovano altrove, come la loro naturale effervescenza. Dalla Piana di Riardo si scorgono in lontananza la catena di Monte Maggiore, le cime di Venafro e del Matese, ancora innevate, e la cima del vulcano di Roccamonfina, spento da cinquantamila anni. Quello che avviene, in questa particolare cornice ambientale, è abbastanza semplice (almeno a dirsi). Prima di tutto piove: scende la pioggia, a milioni di litri, in quel gigantesco imbuto naturale che è il cratere del vulcano. L’acqua penetra nel sottosuolo anche attraverso il terreno, sprofonda a decine e centinaia di metri, percorre quindici chilometri (distanza dal vulcano di Roccamonfina alle sorgenti della Piana) per sgorgare dalle polle. «Abbiamo calcolato che per attraversare quei quindici chilometri - spiega Vittorio Paolucci - l’acqua impiega 50 anni. Mezzo secolo durante il quale l’acqua si arricchisce di sali, calcio, magnesio, anidride carbonica». Poi il geologo riempie un bicchiere d’acqua da una delle fonti: «Prego, beva. Sta bevendo acqua piovuta cinquant’anni fa». Alla salute.
I 145 ettari del Parco delle Sorgenti di Riardo, forse anche perché poco conosciuti ai più, costituiscono una delle circa mille mete individuate per le Giornate Fai della Primavera. Oggi e domani, il Parco è aperto al pubblico dalle 10 alle 13,15 per passeggiate e visite guidate (resta comunque visitabile per tutto l’anno, ma solo su prenotazione). Il Fai, Fondo Ambiente Italiano, qui ha messo in piedi da un decennio un progetto di valorizzazione del territorio, d’intesa con la Ferrarelle, che ogni giorno imbottiglia a Riardo 160mila bottiglie di acqua minerale. 

Il geologo Paolucci è responsabile del settore Sviluppo e Gestione Bacini. «Questi luoghi - spiega - hanno sempre legato la loro identità alla presenza delle acque minerali. Qui a Riardo sono presenti dodici diverse sorgenti, che sono state utilizzate fin dall’antichità per le loro proprietà terapeutiche e curative». 

Chiare, fresche, effervescenti acque. Poi, nel 1893, fu a un medico del posto, proprietario dei terreni, che venne in mente di sfruttare le sorgenti e intrappolare un bene naturale in una bottiglia. I vecchi stabilimenti, oggi rifatti, risalgono a quei tempi. Poi qui ci mise le mani la multinazionale francese Danone. Ma dal 2003, la Ferrarelle è tornata italiana, comprata dalla holding Pontecorvo-Ricciardi. Il progetto di riqualificazione agricola e paesaggistica patrocinata dal Fondo Ambiente Italiano, nel 2011 ha visto nascere, all’interno del Parco, la Masseria delle Sorgenti, un’azienda agricola biologica dove lavorano una ventina di persone, quasi tutti giovani. Curano il Parco, gestiscono il ristorante all’interno della Masseria (un edificio del XVII secolo, oggetto di un restauro conservativo visionato dal Fai), si occupano delle ottanta arnie sparse in tutta l’area, dalle quali si ricavano diverse qualità di miele. Ottantotto ettari di terreno sono occupati da coltivazioni biologiche. Per non interferire con le falde acquifere, la Masseria delle Sorgenti ha selezionato solo colture resistenti. Grano duro, noccioli. E quindicimila piante d’ulivo. Tra i mille luoghi aperti al pubblico in tutta Italia per iniziativa del Fai, c’è anche il Parco delle Sorgenti. Uscita Caianello, direzione Riardo. Se passate da queste parti, fate come i Romani. Glu glu glu: Falerno o acqua minerale. A piacer vostro.
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