Inferno a Castel Volturno, sul litorale
la fabbrica degli aborti clandestini

Inferno a Castel Volturno, sul litorale la fabbrica degli aborti clandestini
di Maria Pirro
Lunedì 18 Giugno 2018, 11:15 - Ultimo agg. 4 Dicembre, 17:24
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Inviato a Castel Volturno

Il killer si chiama indifferenza ed è sfuggente, ma il corpo di reato anche oggi resta su strada: lacerato, truccato e solo tra le auto. Spunta dietro una rete, si muove lentamente, c’è il cartello “vendesi”, la camera d’hotel a 20 euro, il resto di niente. Si incrociano storie terribili in questo luogo dove scempio e degrado diventano film come in “Dogman”, l’ultimo di Matteo Garrone. La realtà va oltre l’immaginazione. 
 
 


Una volta, al suo arrivo sulla Domitiana, una ragazza al settimo mese di gravidanza è stata costretta ad assumere 50 (cinquanta) compresse di Cytotec, un farmaco gastroprotettore usato per abortire. «Il giorno dopo Blessing era già in strada e, tre mesi più tardi, continuava ad avere perdite ematiche e dolore. Una nostra mediatrice culturale con un volontario l’ha accompagnata in ospedale ad Aversa. E, durante il ricovero, la 25enne nigeriana ha riferito di non sapere dove sia stato “buttato” il bambino». Si dice che i bimbi mai nati o uccisi dopo il parto in casa siano sepolti ai lati del guard-rail, tra la polvere e la pineta, ma Sergio Serraino, responsabile dell’ambulatorio di Emergency a Castel Volturno, non ne ha conferma. Di certo, le prostitute trovano posto di giorno e di notte per ripagare alle “madame” il debito del viaggio, indossano vestiti sgargianti come fiori equatoriali e i prezzi da loro richiesti variano in base al colore della pelle. Bulgare, polacche, ucraine e romene accettano dai 30 ai 50 euro, le africane 15 o 10 euro. La spesa aumenta in una delle centinaia connection house, all’apparenza appartamenti come altri, «se non fosse per le credenze traboccanti di alcolici. Si tratta di sale e stanze private frequentate da stranieri e italiani», spiega Alessandro Buffardi, referente di Libera che, nella Casa di Alice, un bene sottratto ai clan, è tra i promotori di progetti contro la tratta e finalizzati ad aiutare giovani in difficoltà. Quattro lavorano in sartoria con il marchio “Made in Castel Volturno”. 

 

I DATI
Tra insegne cadenti e rifiuti fumanti, lungo la costa, c’è la concentrazione maggiore di donne in emergenza permanente: dal 2013 oltre 4000 accolte da Emergency. «Rappresentano il 55 per cento degli accessi, un caso unico dato che in Italia sbarcano quasi tutti uomini», dice Dino Russo, mediatore culturale alle prese con 50 sos quotidiani e un calvario anche per un esame del sangue. «Occorre prendere un bus, se va bene, e camminare per 20 minuti: in zona i centri convenzionati non accettano le prescrizioni speciali», riepiloga Russo a una paziente avvolta nel velo e in una maglia argentata. Nella sala d’attesa, tra gli articoli della Costituzione sui muri azzurri, si contano fino a 150 nuovi ingressi ogni mese e 126 fascicoli per l’interruzione di gravidanza negli ultimi 12, tra cui le “prove di fertilità” imposte alle nigeriane. «Mentre le prostitute spesso non tornano dopo il primo contatto e vengono indotte a risolvere con il fai-da-te», avvisa Serraino. Il business vale oltre un miliardo in Italia (dati Transcrime) e, pur di non fermarsi, segnala il report della onlus, le ragazze usano le spugne nel periodo mestruale. «Ci sono, poi, le immigrate che scoprono di essere sieropositive quando restano incinte», aggiunge Russo. Un problema è la prevenzione, che avviene anche in camper, consegnando direttamente i preservativi.

LE IRREGOLARI
Così l’associazione ha incontrato Anthonia, seduta su un bidone, il riso da mangiare con le mani consegnato in una busta, tra mosche e giornali. E Queen, 20 anni appena, spinta ad abortire illegalmente con otto compresse di Cytotec sciolte nella Guinness, e ricoverata d’urgenza. «Ne ho visitate diverse per l’abuso di medicine ma non c’è una statistica», precisa Roberto La Manda, gastroenterologo a Pozzuoli. In partenza dalla Libia, le più giovani fanno persino un’iniezione che vale come prevenzione per diversi mesi e si stima che l’80 per cento delle nigeriane che approdano in Italia sia già inserito nelle rotte ferree della tratta, spesso sono minorenni, sempre più giovani. «S’imbarcano pur sapendo che subiranno violenze». La voce di Maria Perri si incrina: il medico le ha assiste sulle coste siciliane fino al litorale campano. Corpi di reato a due passi da casa. Qui è Castel Volturno, Italia. Europa.
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