Il fratello del boss minaccia il pm
in tribunale: «Ti taglio la testa»

Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere
Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere
di Mary Liguori
Giovedì 24 Maggio 2018, 09:05 - Ultimo agg. 09:56
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Sono le 19.10 quando la Corte d'Assise di Santa Maria Capua Vetere inizia a leggere la sentenza per l'omicidio di Daniele Panipucci, pusher di Maddaloni assassinato nel 2015 per essersi rifiutato di continuare a vendere droga. Nonappena il presidente Giovanna Napolitano ha proferito la parola «ergastolo» per Antonio Esposito, il capoclan, si è scatenato il putiferio. Il fratello dell'imputato, seduto nella sala sovrastante l'aula destinata ai familiari, dà in escandescenze. «Cornuto! Ci sei riuscito! Ti taglio la testa!». Minacce e insulti sono rivolti al sostituto procuratore della Dda Luigi Landolfi, artefice delle principali inchieste contro il clan Belforte e delle dindagini che hanno scompaginato la costola di Maddaloni della cosca di Marcianise.

«Ti taglio la testa» ripete, ancora, indicando il magistrato Antimafia, e facendo l'inequivocabile gesto della decapitazione, ovvero passandosi il pollice alla base del collo. In aula cala il silenzio e nessuno, tra poliziotti e carabinieri presenti, interviene per zittirlo. Continua a strillare e a battere la testa contro la vetrata che affaccia sull'aula di giustizia, anche quando, finalmente, i carabinieri, finalmente, lo afferrano e lo trascinano di peso, non senza difficoltà, verso l'uscita.
 
Cronaca di una serata di ordinaria follia che mette la parola fine al processo che decreta la prima condanna pesante nei confronti di Antonio Esposito, alias «O sapunaro» capetto incoronato boss sotto la stella del clan Belforte, signore della droga nelle palazzine popolari di Maddaloni e controllore di una delle principali vie dello smercio di stupefacenti tra il Casertano e la zona sannita. Risarcito in passato per una detenzione ritenuta ingiusta, Esposito è stato arrestato nel 2015 dalla Squadra Mobile di Caserta per aver ucciso a sangue freddo Daniele Panipucci, un pusher di trent'anni che aveva deciso di cambiar vita e smettere di spacciare droga. La risposta di Esposito fu furente. Prima lo redarguì, poi decise che doveva morire. Gli spararono davanti a un camioncino dei panini proprio nella zona Iacp di Maddaloni, ma Daniele morì dopo alcuni giorni di agonia. Ieri, per i suoi assassini, la Corte d'Assise ha stabilito un ergastolo e una condanna a trent'anni, la pena decisa per Antonio Mastropietro, l'ex chef arrestato prima per aver chiesto il pizzo al titolare della scuola di cucina per la quale lavorava e poi finito imputato per l'omicidio Panipucci. Assolto, invece, dall'accusa di omissione di soccorso Antonio Senneca.

Ma, al netto della sentenza che cristallizza il quadro accusatorio tratteggiato dalla Dda resta la gravità delle condotte del fratello di Esposito che, a questo punto, rischia un'incriminazione per minacce e oltraggio alla corte. Gravissimo il suo atteggiamento, soprattutto perché esternato durante lla lettura della sentenza, momento cruciale per la giustizia. Avrebbe potuto essere arrestato in flagranza di reato, ma questo non è successo. Possibile che ci sia per lui una relazione successiva e che essa venga trasmessa anche alla Direzione distrettuale antimafia. Peraltro, il pm Luigi Landolfi è già stato minacciato in passato. L'ultima volta dal boss in persona, Salvatore Belforte risalenti al giorno in cui ha inteso che il suo percorso di collaborazione si stava concludendo e che la Dda lo avrebbe di lì a poco scaricato a causa delle sue bugie, e quindi avrebbe perso, insieme ai suoi parenti, i benefici del programma di protezione. Belforte minacciò il magistrato e tentò di colpirlo con una stampella.
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