Evaso dal carcere, caccia al ras
ai suoi complici e alla «talpa»

Evaso dal carcere, caccia al ras ai suoi complici e alla «talpa»
di ​Angela Nicoletti
Martedì 21 Marzo 2017, 13:00 - Ultimo agg. 22 Marzo, 11:07
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Nove bombole da campeggio per attivare la fiamma ossidrica con la quale sono state divelte le grate della finestra. Il boss del clan Belforte, Alessandro Menditti e il suo compagno di cella, l’albanese Ilirjan Boce, entrambi detenuti nel carcere di Frosinone, per poter evadere dal penitenziario laziale nella notte tra venerdì 17 e sabato 18 marzo scorso, hanno avuto la strada spianata da qualche «talpa» interna all’istituto di pena. Qualcuno che ha fatto recapitare ai due pericolosi pregiudicati oltre che telefoni cellulari anche delle mini bombole che solitamente e singolarmente vengono utilizzate dai carcerati per cucinare pasti in cella.
Una vicenda che ha ancora troppi lati oscuri e che vede come unico latitante Alessandro Menditti. Durante la rocambolesca evasione, infatti, l’altro fuggiasco è rimasto a terra dopo un volo di oltre sette metri mentre tentava di scavalcare il muro di cinta. E anche in questo frangente la vicenda assume dei contorni a dir poco inquietanti. In base agli elementi raccolti dagli investigatori della Polizia Penitenziaria - che stanno indagando sulla vicenda coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica di Frosinone, il magistrato Adolfo Coletta - nel momento in cui lo straniero, accusato di traffico di droga è precipitato, dal buio sarebbero sbucati dei complici che avrebbero tentato di portarlo via. Il tutto, sempre secondo le indiscrezioni, all’interno delle cinta murarie e non all’esterno come in un primo momento ipotizzato.
Se questi sospetti dovessero trovare un fondamento di verità allora la questione diventerebbe ancor più grave. Le indagini proseguono a tutto campo come proseguono a tamburo battente anche le ricerche di Menditti. Carabinieri, penitenziaria, polizia e guardia di finanza di tutta Italia sono sulle sue tracce ed in particolar modo l’attenzione degli inquirenti si sta focalizzando sulla zona di Recale, nel casertano, dove Menditti vive e dove possiede appoggi indiscussi.
Affiliato al clan dei Belforte di Marcianise, il 44enne potrebbe essere evaso proprio per tornare a gestire in prima persona quei territori che, dopo le retate dell’antimafia e le condanne, soffrono della mancanza di un referente. Solo un’ipotesi investigativa cbe però, con il passar dei giorni e la sparizione nel nulla dell’uomo, potrebbe avere un fondamento. Menditti quindi potrebbe aver trovato rifugio in qualche bunker ben protetto e dove difficilmente potrà essere scovato. Gli inquirenti attendono ora di poter interrogare l’albanese che è immobilizzato nel reparto di terapia intensiva del policlinico «Umberto Primo» di Roma. A seguito del violento impatto con il suolo l’uomo ha riportato una grave lesione alla spina dorsale.
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