Cosentino, babà e vestiti in cella:
assolta la moglie dell'ex politico

Cosentino, babà e vestiti in cella: assolta la moglie dell'ex politico
di Biagio Salvati
Giovedì 6 Dicembre 2018, 09:30
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Verdetto di assoluzione piena per Marisa Esposito, moglie dell'ex viceministro azzurro Nicola Cosentino, nell'ambito del processo conclusosi ieri in Cassazione riguardante un episodio di corruzione che sarebbe stato commesso dalla donna insieme al fratello e a un agente del penitenziario di Secondigliano dove era detenuto l'ex politico di Casal di Principe.

Gli ermellini hanno annullato senza rinvio la condanna a 2 anni e 4 mesi irrogata dal gup del Tribunale di Napoli e poi confermata in Appello e hanno rideterminato le condanne anche per gli altri due coimputati: Giuseppe Esposito (cognato di Cosentino ed ex consigliere comunale a Trentola Ducenta), per il quale la pena è passata da 3 anni e due mesi a 2 anni e 6 mesi e per l'agente penitenziario Umberto Vitale per il quale la condanna è stata rideterminata a 4 anni a fronte dei 4 anni e otto mesi. Marisa Esposito rispondeva di un solo capo di imputazione riguardante una ipotesi di corruzione annullato dai magistrati della Cassazione: per gli altri due coimputati è stato annullato invece soltanto uno dei due capi di imputazione relativi alla corruzione. Per Giuseppe Esposito, inoltre, è stata annullata anche l'interdizione dai pubblici uffici a fronte della richiesta di conferma di condanne invocate per tutti dal Procuratore generale nella sua requisitoria. L'ex coordinatore regionale del Pdl era imputato nello stesso procedimento ma con giudizio ordinario conclusosi invece con una condanna davanti ai giudici del tribunale di Napoli Nord. La corruzione, secondo l'accusa, fu posta in essere nei confronti della guardia penitenziaria del carcere di Secondigliano, Vitale che però ha afferma durante il processo di non avere mai ricevuto alcuna mazzetta. Un'inchiesta nata quando Cosentino, alla fine del 2013, venne scarcerato: di qui, il monitoraggio delle utenze perché la Procura antimafia stava già indagando sulle attività della famiglia dell'ex sottosegretario attiva anche nel settore dei distributori di carburante. Dalle conversazioni si registrarono pressanti tentativi di contatto da parte di agenti di polizia penitenziaria nei confronti del politico. Intercettazioni telefoniche, ambientali, pedinamenti, portarono gli inquirenti su un nuovo filone.
 
L'ex deputato, quando era detenuto a Secondigliano, sarebbe stato agevolato nella vita carceraria grazie dall'agente: e così nella sua cella sarebbero entrate, medicine, prodotti alimentari, capi di abbigliamento, Roccobabà e anche un Ipod per ascoltare musica. Gli sarebbero state consentite anche passeggiate notturne nei corridoi del carcere non previste dal regolamento. In cambio, avrebbero ottenuto soldi e una promessa di un posto di lavoro. Gli incontri dove avvenivano gli scambi delle «buste» - secondo l'accusa si organizzavano presso un distributore di benzina di Succivo, nell'agro aversano. L'accusa, nei confronti di Marisa Esposito, era legata sostanzialmente a una presunta «mazzetta» di cui parlava al telefono con il fratello Giuseppe: «Gliel'hai data la mazzetta che ti ho dato?», si sente dire dalla donna in una telefonata fatta ascoltare anche in aula. Sostenuta dallo stesso collegio difensivo del marito, gli avvocati Stefano Montone e Agostino De Caro, la donna aveva spiegato che si riferiva ai soldi che abitualmente regala ai figli del fratello. A tal proposito, i difensori aveva prodotto la copia di un messaggio risalente al giorno prima quando parlava dei soldi dati al nipoti definendoli «mazzetta». Nel processo sono stati impegnati anche gli avvocati Romolo Vignola e Mario Griffo. La vicenda costò il trasferimento di Cosentino da Secondigliano a Terni ed avvenne proprio mentre si celebrava a Santa Maria Capua Vetere il primo processo a carico dell'ex viceministro all'Economia, ovvero quello più noto come Eco4, riguardante affari e appalti sui rifiuti dove Cosentino.
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