Maddaloni, falsati tre turni elettorali:
«Caccia 20 euro», «Sì, ma fai foto»

Maddaloni, falsati tre turni elettorali: «Caccia 20 euro», «Sì, ma fai foto»
di Mary Liguori
Giovedì 13 Dicembre 2018, 16:27 - Ultimo agg. 19:19
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Così fan tutti e così si è sempre fatto. Almeno a Maddaloni dove, ieri, quattro persone sono finite ai domiciliari con l’accusa di corruzione elettorale aggravata dal metodo mafioso e il sindaco è finito sul registro degli indagati per fatti analoghi. Perché se è vero che i peccati dei fratelli non debbono pagarli le sorelle, è altrettanto vero che la Dda è riuscita a certificare che Teresa Esposito, reginetta di voti in quel di via Feudo, ha fatto leva sulla sua parentela criminale e sulla compravendita di voti per racimolare almeno una parte dei 297 voti con i quali ha quasi sfiorato l’elezione in consiglio comunale, nel giugno scorso. Teresa è sorella e pupilla del boss Antonio Esposito, condannato all’ergastolo per omicidio proprio il mese prima delle elezioni, e considerato padrone indiscusso della piazza di spaccio di Maddaloni, una delle più fiorenti della Campania. Con lei sono finiti ai domiciliari gli altri due fratelli, Eduardo e Giovanni, e la madre, Carmela Di Caprio. Indagato in stato di libertà, oltre al sindaco Andrea De Filippo, anche Enrico Pisani, funzionario del Comune e animatore della lista Orientiamo Maddaloni, con la quale correva la Esposito, l’imprenditore Salvatore Esposito e Nunzia Di Donato, alla quale viene promesso un posto di lavoro. L’inchiesta coordinata dal pm Dda Luigi Landolfi, del pool dell’aggiunto Luigi Frunzio, è stata delegata alla squadra mobile di Caserta diretta dal vicequestore Filippo Portoghese.
«TERE’, CACCIA ALTRI 20 EURO»
«Caccia altri venti euro, Terè». «Eh …Dopo!!! Allora questa è la lista mia con la croce…. … Allora solo questo devi mettere… solo la croce di questo». È un dialogo tra la Esposito e tale Costavano poco i voti nelle palazzine popolari. Emerge dalle intercettazioni. Ma chi incassa i soldi, deve dimostrare di non aver barato. «Eh ma quello Giovanni glielo ha detto: digli che ti fa le fotografie». Ma c’è anche chi, finita sotto accusa per la sconfitta elettorale della Esposito e incalzata dalla candidata dopo lo spoglio che ne decreta l’esclusione dal consiglio, si dice pronta a poter esibire la foto del proprio voto. «Ti posso mandare la foto, Terè», «No, lascia stare», risponde l’altra.
INQUINATI 3 TURNI ELETTORALI
Agli atti dell’ordinanza spiccata dal gip Anna Laura Alfano non c’è solo la tornata elettorale del giugno scorso, che ha visto De Filippo imporsi al primo turno, ma anche le elezioni del 2017 (la consiliatura durò poche settimane) e quelle del 2013 che si conclusero con l’elezione di Rosa De Lucia la cui amministrazione, due anni dopo, fu spazzata via da un’inchiesta su appalti e mazzette. Dice il pentito Michele Lombardi a proposito del voto del 2013, «Si promettevano posti di lavoro per sostenere le liste della De Lucia... L’unica persona che è stata assunta è Eduardo Esposito fratello di Teresa e Antonio che è stato assunto nella ditta che si occupa della raccolta dei rifiuti». Circostanza, scrive il gip, riscontrata: nel settembre del 2013 dalla Interagir srl di Pastorano, società di cui era socio di maggioranza Alberto Di Nardi, che, con la Dhi Di Nardi Holding Industriale spa gestiva la raccolta dei rifiuti a Maddaloni e che fu coinvolto nell’appaltopoli che portò all’arresto del sindaco De Lucia e dello stesso Di Nardi.
I COLLOQUI IN CARCERE
Dopo il sequestro delle schede elettorali, a giugno, la madre degli Esposito va a trovare il figlio in carcere, Antonio. Questi chiede della sorella Teresa. «Ha preso 300 voti- risponde la madre - ora la vogliono fare assessore ma lei non vuole accettare. Per il giudice, la rabbia che si scatena nel boss quando apprende che la sorella è indagata a seguito del sequestro delle schede, è indicativa delle sue ingerenze nella carriera politica di Teresa.E se la prende col pm e col poliziotto che hanno condotto le indagini. «E questo pubblico ministero, non so cosa si è messo in testa», dice Antonio. E la made «Tengo il figlio boss e non lo sapevo... dove vuole arrivare là arriva». Stessa ira quella che infiamma Teresa Esposito e la madre. «Se eravamo un clan non prendeva 300 voti, ma 1300»: la madre. «Andassero a vedere come li hanno presi gli altri i voti, tutti comprati», si sfoga la giovane Esposito e snocciola nomi e cognomi di candidati che, secondo lei, hanno «acquistato» le preferenze. Insomma «così fan tutti». E gli «omissis» del gip fanno presupporre che quello di ieri sia solo un primo capitolo di una nuova saga giudiziaria casertana.
LA PROVA: IL FALSO CANDIDATO
Non si fidano di nessuno i fratelli Esposito. E infatti chiedono agli elettori la prova della loro «fedeltà». Un nome inventato, un candidato inesistente, dunque, da votare in accoppiata con la sorella. Così facendo, potevano verificare se effettivamente le persone cui pagate sostengono la candidata Esposito.
 
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