L'appello di Mario Congiusta: «Orlando mi aiuti a fare giustizia per mio figlio ucciso dalla 'Ndrangheta»

Mario Congiusta
Mario Congiusta
di Serafina Morelli
Lunedì 20 Marzo 2017, 17:44
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LOCRI (RC) - «Da quando è stato barbaramente ucciso Gianluca sono passati 11 anni e 10 mesi, tutti di dolore per l’intera famiglia». E da quel 24 maggio 2005, giorno in cui venne ucciso l’imprenditore di Siderno, il papà Mario Congiusta non riesce a darsi pace e continua a lottare con tutte le sue forze per poter rendere giustizia a suo figlio. Ha deciso di scrivere una lettera aperta al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che domani, 21 marzo, sarà a Locri in occasione della XXII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera. «Ritengo importante la sua decisione di voler camminare insieme ai familiari delle Vittime, Innocenti, tra i quali ci sarò anche io - scrive Mario Congiusta - che chiedono solo Verità e Giustizia. Quella verità e Giustizia che per oltre il 90% di loro non arriverà mai, per svariati motivi, che Lei meglio di me conosce. Qualche volta, però, quella Giustizia anelata, non arriva a causa di vuoti legislativi». Ed è da qui che parte il racconto della storia di Gianluca Congiusta (in foto), assassinato in un agguato a Siderno mentre era alla guida della sua auto. Freddato sul colpo, in una serata di pioggia che cambierà per sempre le vite dei suoi familiari e dei sidernesi, increduli perché nel mirino era finito «uno di noi», lontano dagli ambienti della criminalità organizzata.



Congiusta, secondo gli inquirenti, è stato ucciso da Tommaso Costa: stando all’ipotesi della Procura, il boss avrebbe deciso di ammazzare il giovane perché era venuto a conoscenza di una lettera estorsiva fatta recapitare ad Antonio Scarfò, all'epoca suocero di Congiusta, proprio da Costa, che a breve sarebbe uscito dal carcere, e quindi avrebbe dovuto “riacquisire” credibilità mafiosa a Siderno, senza che però i rivali della cosca Commisso venissero a conoscenza dei suoi progetti criminali. «Tale assassino – scrive il padre di Gianluca - è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Locri per l’omicidio di mio figlio oltre che per associazione di stampo mafioso ed altro. Tale decisione è stata confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Reggio Calabria. Ciononostante, la seconda sezione della Cassazione, dopo una brevissima camera di consiglio, nonostante l’articolata requisitoria del procuratore generale, che chiedeva la conferma dell’impugnata sentenza, annullava con rinvio, relativamente al solo omicidio, a diversa sezione della Corte d’Assise d’Appello per un nuovo giudizio».

Papà Mario ripercorre tutta la storia giudiziaria chiedendo al ministro Orlando «un suo interessamento inteso a colmare il vuoto legislativo». Il punto infatti riguarda l’utilizzabilità come prova solo delle intercettazioni ambientali e telefoniche «mentre non regolamenta l’utilizzabilità delle lettere intercettate ai detenuti». Un punto fondamentale, perché il movente di Costa per uccidere Gianluca era emerso proprio tramite alcune lettere intercettate nel carcere di Catanzaro. Senza una legge specifica, però, l’intimità di quelle lettere è inviolabile e «processualmente inutilizzabile». La Procura generale infatti aveva chiesto l’incostituzionalità della legge, ma la Consulta ha rigettato il ricorso.

«È facilmente comprensibile che, se il vuoto normativo non viene tempestivamente eliminato, il crimine organizzato – scrive Congiusta rivolgendosi ad Orlando - continuerà ad avere a sua disposizione un mezzo di comunicazione, semplice ma efficace e, soprattutto, assolutamente inviolabile dagli organi inquirenti, che consentirà, ad esempio, anche ai “boss” detenuti, di continuare ad impartire ordini e direttive agli affiliati. Non posso sapere come finirà il processo che mi riguarda, ma di un fatto sono certo, che a distanza di quasi dodici anni, non riesco ad avere quella giustizia che mi è dovuta».  
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