Da metà giugno ad oggi
in fumo 26mila ettari di boschi

Da metà giugno ad oggi in fumo 26mila ettari di boschi
di Serafina Morelli
Giovedì 13 Luglio 2017, 17:26 - Ultimo agg. 18:42
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Un’emergenza che non cessa a finire, aggravata dal caldo torrido e dalla siccità. Continua a bruciare la macchia mediterranea: dalla Campania alla Sicilia, passando per la Calabria le fiamme stanno devastando il territorio. Da metà giugno al 12 luglio sono andati in fumo, secondo i dati elaborati da Legambiente, ben 26.024 ettari di superfici boschive, pari al 93,8% del totale della superficie bruciata in tutto il 2016. Le regioni italiane più colpite sono la Sicilia con 13.052 ettari distrutti dal fuoco, seguita dalla Calabria con 5.826 ettari, la Campania 2.461, Lazio con 1.635, la Puglia 1.541, la Sardegna 496, l'Abruzzo 328, le Marche 264, la Toscana 200, l'Umbria 134 e la Basilicata 84.
 

Dal report “Dossier incendi 2017” emerge che la gestione dell’emergenza incendi è stata segnata «fino ad ora da troppi e ingiustificati ritardi a livello regionale e nazionale a partire dalle Regioni, che si sono mosse con troppa lentezza come dimostrano quelle più devastate dalle fiamme. Ad oggi Campania e Lazio – spiega Legambiente - non hanno ancora approvato il Piano AIB 2017 (piano antincendio boschivo) e le relative modalità attuative per organizzare la prevenzione, il lavoro a terra, e gli accordi con i Vigili del Fuoco e con la Protezione Civile». 
La Campania, che ha ben il 32,7% della superficie regionale coperta da boschi e foreste, con un’estensione totale di 445.274 ettari e ad oggi gli ettari percorsi dal fuoco sono ben 2461 (al 12 luglio), oltre a non aver approvato il Piano AIB 2017, non ha neanche definito e sottoscritto l’apposita convenzione con il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate. Solo in questi ultimi giorni ha emanato – come viene spiegato nel dossier realizzato dall’associazione ambientalista - le ordinanze sugli incendi boschivi, trasferendo le competenze dall’assessorato all’agricoltura a quello alla Protezione Civile, senza però accompagnare il passaggio con un trasferimento di uomini e mezzi. Ad oggi, inoltre, non risulta fatto anche il passaggio in cui avrebbe dovuto indicare il numero degli operatori impegnati nella lotta attiva agli incendi boschivi con relative fasce di età e in regola con la certificazione di idoneità fisica. Ma Legambiente segnala anche i gravi ritardi che si registrano in Sicilia e Calabria. In quest’ultima regione il Piano è stato approvato il 12 giugno e solo il 2017 e solo il 4 luglio scorso ha definito e sottoscritto – sottolinea l'associazione - l’apposita convenzione con il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, per lo svolgimento delle essenziali funzioni ad esso delegate, destinando la somma complessiva di circa 700mila euro. Un esempio di «immobilismo, dove l’unica cosa che pare si muova, oltre ai piromani, sono i mezzi aerei noleggiati dalla Regione che, pur pesando tantissimo alle tasche dei contribuenti, non possono fermare gli incendi essendo del tutto insufficiente il numero delle squadre di operai forestali per lo spegnimento a terra degli incendi, benché gestiti dall’Azienda Calabria Verde delle Regione Calabria che ne ha oltre 4.800». La Calabria tra l'altro ha il 40,6% della sua superficie regionale con circa 613.000 ettari di boschi e foreste, di cui, tra metà giugno e inizio luglio, ne sono bruciati 5826.


Ma ovviamente il Piano AIB «da solo non basta a scongiurare devastazioni e atti dolosi, se non è accompagnato da un’efficace macchina organizzativa e da politiche di gestione forestale sostenibili come dimostra la situazione reale». E la mano criminale dell’uomo continua a far aumentare il numero degli incendi e a ridurre in cenere il territorio. Un attacco mafioso studiato nei dettagli, con precisione, per i più disparati motivi: speculazioni edilizie, appalti per manutenzione e rimboschimenti, assunzioni clientelari del personale forestale (addetto agli spegnimenti e alla manutenzione), guardianie imposte, estensione delle superfici destinati al pascolo, e ancora per ritorsione nei confronti di chiunque gli sbarra la strada o come mero strumento di ricatto politico. 
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