Maria Pirro
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«Il Monaldi può ripartire: mai più
bimbi al Nord per trapianti di cuore»

«Il Monaldi può ripartire: mai più bimbi al Nord per trapianti di cuore»
di Maria Pirro
Giovedì 11 Maggio 2017, 09:36 - Ultimo agg. 21:48
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«Mi spiace che la ragazzina napoletana sia dovuta andare a Bergamo per il trapianto di cuore. Ho riconosciuto suo padre nella foto pubblicata sul Mattino, perché l’avevo incontrato il 28 aprile proprio al Monaldi». Lo dice, con partecipazione, Raffaele Calabrò, parlamentare, medico e docente universitario di Cardiologia, tirato in ballo dai genitori dei piccoli ammalati per sollecitare la ripresa di questi interventi nell’unico centro pediatrico di riferimento in tutto il sud Italia, se si esclude la Sicilia, in impasse a causa di varie carenze irrisolte.

Umberto Vesce, il papà di Martina, la 16enne che ha appena avuto il trapianto salvavita a Bergamo, ha raccontato al Mattino la sua odissea per le cure con dolore e rabbia. E lo ha fatto anche per ribadire che è necessaria una svolta.
«Già durante l’incontro in ospedale mi è parso un padre attento, come tanti dei presenti, desideroso di trovare soluzioni per la figlia, ma anche per tutti i bimbi ammalati».
Un genitore disperato al punto da salire sul tetto del Monaldi.
«I familiari dei bimbi ammalati mi hanno raccontato le loro storie e le difficoltà e chiesto un sostegno per dare un’accelerata al processo di riorganizzazione che deve essere completato».
Che cosa ha fatto?
«Ho rappresentato al direttore generale del Monaldi le difficoltà sottolineate: le carenze di personale e spazi, la carenza di collaborazione tra medici e una serie di aspetti anche legati ai loro racconti, ma significativi».
Il suo giudizio?
«C’è un problema, in particolare i trapianti pediatrici, e l’azienda ospedaliera deputata deve e può riorganizzare le attività. Questo lo rilevo anche dall’esito dell’audit disposto dal ministero al Monaldi che ha poi portato alla sospensione dei trapianti».
Nell’audit si fa notare anche la difficoltà a collaborare tra professionisti come ragione di impasse.
«È un motivo, non l’unico».
Da medico, non ritiene che andrebbero superate queste divisioni nell’interesse dei pazienti?
«Certamente, vanno superate».
In concreto, che ha detto al manager del Monaldi, Giuseppe Longo?
«L’ho incontrato lunedì scorso e ho discusso con lui per quasi un’ora delle problematiche: è stato un confronto sereno e costruttivo».
Le priorità emerse?
«Non penso di dovere entrare nelle questioni tecniche che competono all’azienda ospedaliera, anche se per molti anni ho lavorato lì. Ma posso dire che la direzione è cosciente della situazione e al lavoro: il manager mi ha assicurato che in tempo breve avrebbe presentato il suo piano».
In quanto tempo?
«Difficile essere precisi, ma c’è grande attenzione».
Le denunce non iniziano oggi, però. L’ex primario della cardiochirurgia pediatrica, Giuseppe Caianiello, suo collega, è andato in pensione in anticipo segnalando tante difficoltà.
«Ricordo che lamentava soprattutto la carenza di personale nel reparto: una condizione patologica e diffusa in tutta la Campania dovuta al blocco del turn-over imposto dal piano di rientro del debito della sanità».


Nel 2013, Napoli ha eseguito il maggior numero di trapianti pediatrici di cuore dopo Roma ed è stato da sempre il centro di riferimento del Sud. Tra il 2013 e il 2017, è passato da quattro interventi a zero. Di chi è la responsabilità?
«Il numero di interventi ha una valenza statistica relativa, le difficoltà dipendono da più fattori, ma è un imperativo affrontare la problematica».
I genitori sospettano manchi la volontà di farlo: all’inaugurazione di un reparto nell’ospedale a Battipaglia il governatore De Luca è stato contestato. Quale parte di responsabilità ha la politica?
«La politica non è il cappello da mettere su tutto. Certo, deve cogliere i problemi e trovare soluzioni rapidamente».
Ritiene che De Luca stia procedendo nella giusta direzione?
«Io credo che questa sanità debba risollevarsi e accadrà presto, anche se ancora non si vedono i risultati ma si vedono le potenzialità di crescita rese possibili dal risanamento dei conti realizzato con la gestione Caldoro».
Lei è stato il consigliere dell’ex governatore per realizzare il piano ospedaliero: non ha motivi di rammarico?
«Sono soddisfatto del lavoro svolto, il rammarico dipende dalle decisioni del governo sul piano di rientro. La giunta oggi sta dando il via ai nuovi concorsi, anche in cardiochirurgia pediatrica, in precedenza bloccati dallo stop al turn over. Se fossimo riusciti ad avviare prima alle assunzioni tutto il piano avrebbe avuto tempi più celeri, ma rimettere in attivo il bilancio è stata la premessa per lavorare sui livelli di assistenza, oggi bisogna puntare su questo».
Ma, con lo stop ai trapianti pediatrici di cuore, aumenta il divario tra Sud e Nord.
«Napoli nel settore può tornare a essere il punto di riferimento per tutto il Sud: ben vengano le difficoltà se aiutano a ripartire. Anche i momenti di crisi hanno un significato».
La famiglia di Martina e quella di altri bimbi ammalati, però, subiscono oggi pesanti disagi.
«Non c’è dubbio. Spero che per Martina possa andare tutto bene, al rientro da Bergamo, dovremo poi seguirla qui con massima attenzione, e naturalmente spero che nessun altro sia costretto ad andare a curarsi fuori regione».
Emigrare significa sostenere costi economici, che si sommano ai risvolti psicologici. Come sostenere questi genitori e figli?
«L’unica cosa da fare è arrivare a una soluzione in tempi stretti con l’impegno di tutti come c’è, anche sicuramente da parte mia».
Pensa di rincontrare il comitato?
«Sono disponibile a farlo, ma non sono io a poter attuare soluzioni».

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