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Braccio fratturato, addio al gesso:
parte la sperimentazione Santobono
ai bimbi tutori personalizzati in 3D

Braccio fratturato, addio al gesso: parte la sperimentazione Santobono ai bimbi tutori personalizzati in 3D
di Maria Pirro
Mercoledì 22 Febbraio 2017, 11:33 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 11:59
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Addio al gesso: in caso di frattura, si usa un esoscheletro in plastica Abs, stampato in 3D. La ricerca è promossa dal Santobono-Pausilipon, ospedale e fondazione, con il Cnr e un contributo di 50mila euro messo a disposizione dalla banca d'Italia. Si tratta della «prima sperimentazione clinica in ambito pediatrico», che prevede l’applicazione dell’esoscheletro su 60 bambini tra gli 11 e i 14 anni, in sostituzione del tutore ma solo per «fratture composte stabili a un braccio». Come funziona. L’esoscheletro, realizzato in plastica Abs, è prodotto con una stampante 3D «sulla base di calcoli strutturali effettuati da un ingegnere biomedico e un ingegnere edile, avvalendosi di informazioni cliniche e morfologiche  raccolte sia attraverso la radiografia che mediante sistemi di scansione 3D dell’arto fratturato», si legge nella nota diffusa dall'azienda ospedaliera. «Il tutore personalizzato così prodotto è molto più rigido del tradizionale gesso; totalmente immergibile in acqua; leggero, aperto e poco ingombrante; igienico e conforme alle esigenze ergonomiche del bambino».



«L’ospedale Santobono - dice il manager Anna MAria Minicucci - tratta ogni anno circa 16mila pazienti con traumi che richiedono un intervento ortopedico. È evidente, quindi, quale impatto positivo possa avere l’utilizzo di questa tecnologia sulla qualità della vita dei nostri piccoli pazienti. Per realizzare questo progetto si è attivato un virtuoso modello di collaborazione tra Istituzioni: Banca d’Italia, Cnr, Fondazione Santobono Pausilipon e Azienda Ospedaliera Santobono Pausilipon. L’obiettivo è ambizioso, se la sperimentazione ci darà i risultati sperati nei reparti ortopedici pediatrici italiani oltre alla sala gessi potremmo avere dei laboratori per la stampa 3d degli esoscheletri». 

Il laboratorio, già allestito al Santobono, si avvale di una tecnologia disponibile in commercio e prodotta da un’azienda campana; il software, invece, è adattato in base alle particolari esigenze sanitarie dall’equipe del Cnr afferente agli Istituti di Biostrutture e Bioimmagini – Ibb e Polimeri, Compositi e Biomateriali - Ipcb. «Fin dal momento dell’avvio della ricerca - dice Fabrizio Clemente, primo ricercatore dell’Ibb - il team si è reso conto di trovarsi di fronte ad uno studio multidisciplinare che presentava non banali ostacoli progettuali e tecnologici Cnr e responsabile scientifico delle attività. Mettendo in comune competenze d’ingegneria biomedica, dei materiali e delle scienze delle costruzioni presenti all’interno del Cnr tali difficoltà sono state egregiamente affrontate e superate e, nello scorso mese di novembre, sono stati realizzati i primi prototipi».

Clemente parla anche di «ulteriori difficoltà derivate dalla necessità di dover seguire un percorso coerente con le  regole della sperimentazione clinica di dispositivi medici. Per poter procedere la Fondazione si è accreditata presso il ministero della Salute quale produttore dei dispositivi, mentre lo studio è stato autorizzato dal comitato etico, seguendo le procedure del Ministero della Salute». Quindi, l'allestimento del laboratorio integrato con l’attività del reparto di ortopedia per la realizzazione e l’utilizzo clinico degli apparecchi personalizzati, prodotte sulla base di scansioni 3D eseguite sugli arti dei piccoli pazienti.

Al momento l’equipe di ricerca, guidata dal primario di ortopedia Pasquale Guida, e coordinata per la parte clinica da Antonio Casaburi, è impegnata a monitorare l’applicazione dell’esoscheletro sui primi tre pazienti arruolati nella sperimentazione. Ma, presto, il progetto verrà esteso ad altri ospedali.
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