Ma è davvero necessario
fare la fila per avere una pizza?

Sono sempre più forti le polemiche per la fila nelle pizzerie napoletane più accorsate. Sembra quasi un vanto averla fuori e una cosa di cui non si può fare a meno per sottolineare il proprio successo. E' vero, a Napoli siamo abituati a fare la fila un po' per tutto, come accadeva ai cittadini sovietici per portare a casa un pezzo di pane o un martello a seconda di quello che passava l'economia pianificata socialista.

La fila trasforma il cliente in postulante, sia essa fatta alle Poste che in pizzeria. Non è certo una bella risposta sentirsi dire: se non vi va andate da qualche altra parte, soprattutto se sei un turista arrivato in città con il miraggio di una pizza griffata.

I padroni dei locali dicono che sarebbe impossibile gestire le prenotazioni, e in effetti la ristorazione pop, a cominciare dal famoso pastrami di Katz a New York sino ai locali del cibo spazzatura, impone questo sistema. File gigantesche si formano il sabato davanti ai più rinomati paninari oltre che pizzerie. E ai ragazzi sta bene così, in fondo la sera in un modo o nell'altro deve passare.
Del resto alla fila si abituano un po' tutti, dai milanesi ai romani pur tra le proteste lasciate su Tripadvisor e i telefoni che squillano a vuoto come nei migliori call center dei servzi pubblici.

Ma dobbiamo rassegnarci alla fila? In questo momento di successo non sarebbe bello che i gestori delle pizzerie studiassero come migliorare il servizio. In effetti basterebbe un'app che consente di prenotarsi e seguire sul cellulare lo scorrere della fila, per non parlare della possibilità del gestore di avvisare chi è in fila che si è liberato il posto. Avviene non a New York, ma in un paesino sperduto del Cilento, Stio, dove in migliaia accorrono nelle sere d'estate alla sagra locale, quella dei cicci maritati

Perché Napoli non deve distinguersi anche nella possibilità di offrire un servizio d'avanguardia per la pizza?