Pietro Treccagnoli
L'Arcinapoletano
di

Plebiscito kolossal

Plebiscito kolossal
di Pietro Treccagnoli
Sabato 26 Novembre 2016, 11:04
3 Minuti di Lettura
Il colonnato di San Francesco di Paola, a piazza del Plebiscito, farà il giro del mondo sotto mentite spoglie. Sarà il Tempio di Gerusalemme, addirittura, dal quale vengono cacciati i mercanti. Il regista Garth Davies l’ha scelto per il suo kolossal cinematografico «Mary Magdalene» con Rooney Mara e Joaquin Phoenix. Sarà new peplum di ispirazione evangelica che renderà onore, sebbene trasportandola in Medio Oriente, a una delle cartoline più belle di Napoli, restituita alla città e al mondo negli anni Novanta, quando la piazza fu liberata dall’orribile parcheggio a cielo aperto per diventare il palcoscenico dell’arte contemporanea e dei concerti di Capodanno della stagione d’oro di Antonio Bassolino. Poi il triste destino che ha ridotto il Plebiscito a un epicentro del buio, illuminato da occasionali, sebbene affollate, manifestazioni o da parate. Per il resto, soprattutto attorno alla basilica che celebrava il ritorno a Napoli dei Borbone dopo il periodo murattiano, è andata in scena l’opera buffa e la tragicommedia del colpevole abbandono. Gli unici attori erano i barboni e i vandali. Poi abbiamo assistito alla lunga impacchettatura del restauro, a cura del Provveditorato alle Opere Pubbliche. Ma una volta aperto il cadeau è ricominciata l’opera instancabile dei deturpatori. Le bianche mura e le colonne sono ridiventate le lavagne per insulsi messaggi d’amore spray di ragazzini che le hanno scambiate per giganteschi touch screen.

Il Comune di Napoli con legittimo orgoglio sottolinea che la scelta della Lotus Production, al di là dell’impatto promozionale dell’immagine della città comporta anche «una ricaduta importante in termini di indotto generato sul territorio visto il coinvolgimento di centinaia di figuranti e di aziende di servizi partenopee». La produzione, inoltre, regalerà al Comune un video del backstage che «documenterà la trasformazione della piazza durante le fasi di allestimento e lavorazione del film». Ecco, speriamo che di questa trasformazione non resti traccia solo nel filmato e che sia, invece, un punto di non ritorno, l’inizio di una nuova stagione nella quale il patrimonio culturale napoletano si liberi della maledizione dei vichiani corsi e ricorsi storici adattati al degrado quotidiano. 

Si aggiusta, si inaugura, si abbandona e le solite mani deturpano, scassano, vanificano la bellezza. Manteniamo piuttosto questo gioiello neoclassico all’altezza della sua fama. Non è la prima volta che diventa location di un film. Senza voler riandare al «Giudizio universale» di Vittorio De Sica, vale fermarsi alle più recenti scene del «Giovane favoloso» di Mario Martone, con Elio Giordano nei panni dell’inquieto Giacomo Leopardi. Il cinema, talvolta, può fare miracoli, ma quando la materia, la sostanza c’è. 

La bellezza contro il tormento, quindi, il tormento di un’immagine di Napoli, di una parte vera, dannatamente vera di Napoli, la camorra e il suo simbolo svettante delle Vele di Scampia che finalmente si stanno svuotando, restituendo dignità a chi per decenni vi ha vissuto da prigioniero. Scampia, le Vele e Gomorra non possono essere gli unici paradigmi reali e indiziari di una città più complessa. Il cinema miracoloso, però, è meno potente del cuore e della mano dell’uomo e di chi amministra, conserva e migliora il bene comune. Si può fare di più, perché a Napoli, the show must go on, sempre, non ci arrendiamo, cadiamo e ci rialziamo e l’oro della nostra pazienza. La bellezza se indossa l’abito migliore seduce. Lo testimoniano le ondate di turisti che da mesi e mesi riempiono le strade e i vicoli. Loro hanno scoperto che la città reale è migliore di alcune sue vere ma parziali rappresentazioni. Non deludiamoli più.
© RIPRODUZIONE RISERVATA