Pietro Treccagnoli
L'Arcinapoletano
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Nelle notti di Napoli massimo rispetto solo per l'abuso

Foto di Renato Esposito
Foto di Renato Esposito
di Pietro Treccagnoli
Venerdì 23 Giugno 2017, 15:37
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Forse bisognerebbe smetterla di chiamarla movida. È ormai un termine obsoleto, fintamente aggraziato, mutuato da una Spagna che da tempo non crede più alle notti di allegria liberatoria e trasgressione almodovariana. Toccherà trovare un termine più appropriato per una miscela di svacco, spaccio, sballo, suk di ambulanti abusivi, scie alcoliche di cocci di bottiglie, fetore di vesciche svuotate al modesto riparo di portoni, parcheggiatori minacciosi, decibel assordanti e fuori norma, sesso spudorato per esibizionisti e voyeur, palcoscenico per piccola criminalità in libera uscita, accoltellamenti provocati da sguardi poco più che furtivi o da complimenti percepiti come insulti o da insulti spacciati per complimenti, liti continue e insanabili tra cittadini prigionieri nelle proprie case e legittimi animatori della notte, tra esercenti e residenti. Le ore piccole sono semplicemente sinonimo di orine. Tutto questo è diventata la movida: un terreno di scontro sull’ordine pubblico e di rimando sulla politica. 

La notte è bella, è vitale, va vissuta come un’opportunità di divertimento, magari con qualche svirgolatura fuori misura. Ma, invece, si sta lavorando tutti assieme per distruggerla. Ciascuno con la sua quota-parte. E non è solo una faccenda napoletana, della città ribelle, riluttante alle regole in nome di una diversità più proclamata che reale. Guardate Torino, con la sindaca pentastellata, Chiara Appendino, a delegittimare la polizia che usa le maniere forti contro il caos notturno, per dar seguito all’ordinanza antivetro dello stesso Comune, dopo la tragedia di piazza San Carlo durante la finale di Champions. 

A Napoli, per fortuna, non si è arrivati alle manganellate. Ma siamo ben dentro il delirio dell’ingovernabilità, figlia del laissez faire che ha contagiato l’amministrazione comunale da tempo, programmaticamente. Tolleranza zero verso le regole e massimo rispetto per l’abuso. In questo contesto la legge Minniti che concede più ampi poteri ai sindaci, e li mette di fronte alla proprie responsabilità per quanto riguarda la sicurezza, è giudicata come il totem da abbattere o da aggirare. Si è cominciato con l’episodio del fioraio al quale la polizia municipale appioppò il controverso Daspo urbano. Il sindaco Luigi de Magistris prima applaudì all’operazione dei vigili poi, il giorno successivo, con una giravolta di 180 gradi, la criticò pesantemente, annunciando di voler dare all’ambulante abusivo la licenza commerciale. 

La passata settimana i riflettori notturni si sono spostati sulla centralissima piazza San Domenico Maggiore con la coppia di giovani ripresa in un video (subito virale sul web) mentre sono avvinghiati in un incontenibile esercizio di sesso orale. Scandalo, risatine, grande dibattito (a tratti insensato) sui social. Poi, l’altra notte, la ragazza è stata identificata e fermata dalla polizia, proprio nella stessa piazza. Qualche leggera tensione con i giovani che chiedevano spiegazioni. Ma è finita lì. 

L’ultimo episodio coinvolge lo storico chalet di Ciro a Mergellina. Il Comune gli ha imposto di togliere i tavolini che vanno oltre i venti metri quadrati consentiti per l’occupazione di suolo pubblico. Il titolare Antonio De Martino ha parlato di «assurdi provvedimenti burocratici» considerate le regolari tasse che versa e ha annunciato che «a malincuore dovrà licenziare 30 dipendenti, tra baristi, banconisti, camerieri e pasticcieri». Senza contare, ha aggiunto, che anche il Comune perderà soldi, perché verserà di meno per la Cosap. Altrove, a cominciare dai Baretti di Chiaia in quanto a tavoli tutto sembra permesso, persino ostacolare il passaggio ai residenti e così pure a via Toledo dove ogni spaccio di fritto ha piazzato trespoli dove meglio gli aggrada, intralciando lo struscio di turisti e indigeni. Insomma, l’anarchia. Regole che si applicano con rigore, senza guardare in faccia a nessuno, e regole che si disattengono per quieto vivere politico. Di sicuro la movida, o come altro si deciderà di chiamarla, così viene massacrata, lasciata al libero arbitrio alla convenienza politica spicciola, togliendo credibilità alle divise e a chiunque rispetti le norme non solo quelle della legge, ma persino quelle del buon senso.

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