Belgrado città aperta

Belgrado città aperta
Martedì 15 Agosto 2017, 12:35
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Eduardo De Filippo, con la sua meravigliosa cattiveria, diceva che per far tornare a girare un film bello a Roberto Rossellini ci sarebbe voluta un’altra guerra. Il suo giudizio mi è riapparso leggendo Charles Simic, poeta e Pulitzer, che, presentando a Milano il suo libro “La vita delle immagini” (Adelphi), ha raccontato di come a Belgrado durante la seconda guerra mondiale si era attaccati di più alla vita, e c’erano ironia e speranza. Cadevano le bombe, ma si rideva. Oggi, invece, c’è Trump e il politicamente corretto. Giusto. A parte che si rideva anche dopo al tempo delle bombe intelligenti e la prova è il diario di Biljana Srbljanovic, forse sono i serbi, a prescindere da quello che cade dal cielo, a trovare la parte ridicola della vita e a riderne. Ma Simic ormai è così americano da criticare il Nobel a Bob Dylan, e da sentire quelle sue risate tra le bombe degli Alleati come una occasione unica, quella della sua giovinezza, estesa con troppa letterarietà a tutti. C’è sempre speranza per ridere, con o senza bombe. Al punto che poi Rossellini riuscì a girare un grande film anni dopo la guerra.  
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