Aldo Balestra
Diritto & Rovescio
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Mancini, buona la prima
se vince l'umiltà

Roberto Mancini nel giorno della presentazione come nuovo Ct dell'Italia
Roberto Mancini nel giorno della presentazione come nuovo Ct dell'Italia
di Aldo Balestra
Martedì 15 Maggio 2018, 23:42 - Ultimo agg. 16 Maggio, 00:21
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«E' un sogno che si avvera», Roberto Mancini, Twitter, 15 maggio 2018
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L'ingaggio di Roberto Mancini come nuovo Ct, dopo tanta attesa degli appassionati della Nazionale di calcio, rimette in moto il tifo italico che, questo sì che è vero sport nazionale, di calcio discetta con disinvoltura. Al diavolo la competenza, sono (siamo) tutti commissari tecnici. Come tutti sanno essere statisti politici. E poi, più deludono calcio e politica - Nazionale e Parlamento in primis - tanto più l'italiano diventa allenatore vincente e premier virtuale.

Se Mancini sia stata la scelta giusta lo vedremo. Lo diranno i risultati. Così come la politica  (ma in questo gli italiani sono ben più fallaci nella memoria) va sempre valutata sulle cose fatte o almeno sullo sforzo e capacità di  compierle, non su quelle annunciate e promesse con faciloneria.

Non entriamo qui nelle vicende prettamente di calcio, però. Proviamo invece ad evidenziare, dell'«inglese» Mancini, una cifra di «normalità» messa in campo nel giorno della sua presentazione. E' vero che ha detto di voler essere un commissario tecnico «per bene» e di voler fondare la sua azione da Ct sul «merito» per riportare l'Italia «sul tetto dell'Europa e del  mondo». Dichiarazione di prammatica, si dirà. Ma intanto affermare di voler essere «per bene» potrebbe significare di volerlo rimanere sempre, anche in una professione in cui la competitività facilmente induce a scelte di convenienza, maligna furbizia e sotterfugi a tutto tondo. Soprattutto a quei livelli.

E proviamo ad andare più a fondo di quel che il nuovo Ct ha dichiarato con un tweet sul suo profilo, la cui parte iniziale già riportiamo in testa. Aggiunge Mancini pigiando i caratteri sulla tastierina del suo smartphone: «Sono felice per i miei genitori, penso possano essere orgogliosi. Se sono qui lo devo anche a tutti i miei allenatori, ognuno è stato importante per la mia carriera».

Una furbesca captatio benevolentiae per inguaribili romantici o ingenui sprovveduti? Vogliamo sperare di no, crediamo di no. E sì, perché queste parole  vengono dal «Mancio», un uomo, ex calciatore e oggi allenatore non proprio simpatico a tutti, che in passato qualche battuta tutt'altro che felice non l'ha risparmiata e che anche nel suo aspetto «perfettino» con-il-capello-sempre-in-ordine più di qualche volta non ha restituito un'immagine ad alto gradimento.

Ma il fatto che abbia espresso concetti di assoluta, quasi banale «normalità», con lo sguardo all'indietro per puntare (e lui punta) in avanti,  proprio nel giorno in cui ha «realizzato il sogno», secondo noi lo fa accettare ancor più al grande pubblico di tifosi dell'Italia e osservatori laqualunque.
Insomma, buona la prima del Mancio.
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"I grandi curano e ingrandiscono le piccole cose" (Tommaseo)
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