Aldo Balestra
Diritto & Rovescio
di

Da Don Puglisi a Siani
la rimozione che fa male

La cerimonia di beatificazione di Don Puglisi a Palermo, nel maggio del 2013
La cerimonia di beatificazione di Don Puglisi a Palermo, nel maggio del 2013
di Aldo Balestra
Venerdì 26 Aprile 2024, 23:26 - Ultimo agg. 23:48
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«Palermo: danneggiata la mostra nella Casa Museo del Beato Puglisi» (RaiNews, 26.4.2024)
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Irridere, oltraggiare, infangare, svilire. E' il processo di rimozione della memoria che sta prendendo piede subdolamente, e sempre di più, nel nostro Paese che piano piano fagocita i suoi eroi positivi, con un negazionismo che spesso tracima nella prevaricazione. Come se ricordare fosse inutile, sicuramente troppo scomodo per chi è impegnato nella pratica del qualunquismo o della contrapposizione a prescindere.

Capita così che a Palermo venga danneggiata la mostra permanente creata per ricordare la figura del martire Don Pino Puglisi, il parroco del quartiere Brancaccio che lottava per i ragazzi di Palermo, per dar loro un futuro oltre la mafia. Ebbe la forza di denunciare: "Gli assassini, coloro che vivono e si nutrono di violenza, hanno perso la dignità umana. Sono meno che uomini, si degradano da soli, per le loro scelte, al rango di animali». Che forza. Eppure, da martire, sorrise al suo assassino e gli andò quasi incontro dicendogli: "Me l'aspettavo".

Ora a Palermo si torna ad oltraggiare i simboli del suo ricordo. E fa accapponare la pelle l'applauso di scherno incosciente (perché quello era) di alcuni ragazzi in un istituto comprensivo di Napoli nel momento della scena dell'assassinio di Giancarlo Siani, cronista del Mattino che scriveva senza paura di camorra, durante la proiezione del film "Fortapasc". Eppure a Napoli si parla, e come se si parla (Il Mattino lo fa da sempre), di Siani, del suo impegno, del suo coraggio, del suo sacrificio che diede fastidio a mafia e camorra che se ne liberarono crivellandolo di colpi nella sua Mehari.

Un esempio positivo da portare ai ragazzi che crescono in una terra ancora complicata come la Campania, dove altri ricordi positivi - Don Diana ucciso a Casal di Principe, Don Riboldi vescovo coraggioso nell'Acerra oppressa dalla camorra - vengono tenacemente tenuti vivi per trasmetterli alle future generazioni. Basti pensare a quello che continuamente, in giro per l'Italia, testimonia Don Ciotti.

Forse questa pratica in taluni sta scontando un pizzico di stanchezza, forse bisogna rinnovare le narrazioni liberandole da orpelli eccessivi di retorica ma non bisogna arretrare di un passo. La conoscenza della storia serve a comprendere il presente e ad immaginare un futuro di cambiamento. Ecco perché alcuni segnali di dispimpegno e conseguente "rimozione" vanno presi come campanelli d'allarme. Sarebbe un peccato mortale non raccontare più ai ragazzi, non contribuire alla formazione delle loro coscienze, non insistere sulle buone pratiche e sulla loro necessità. Non si arretri, pagheremmo da subito un prezzo altissimo di cittadini senza memoria e senza forza interiore, troppo deboli o troppo violenti - dipende dai singoli, si sa - in una terra che merita di più, di meglio.
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Non sempre ricordiamo gli atti che non ci fanno onore. Li giustifichiamo, li ammantiamo di bugie o li seppelliamo sotto il pesante coperchio della rimozione. (Neil Gaiman)

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