Aldo Balestra
Diritto & Rovescio
di

Cellulari a scuola
il coraggio del «no»

Studenti di un liceo di Torino all'esame di maturità del 2017
Studenti di un liceo di Torino all'esame di maturità del 2017
di Aldo Balestra
Venerdì 8 Giugno 2018, 01:18 - Ultimo agg. 20:33
3 Minuti di Lettura
+++Francia: divieto cellulari a scuola diventa legge+++ (Ansa, 7 giugno 2018, ore 16.50)
***
Immaginate. Provate soltanto a immaginare se quanto è diventato legge in Francia, con il divieto di utilizzo dei telefoni cellulari nelle scuole di ogni ordine e grado, si verificasse anche in Italia.

Oltre confine hanno fatto un ragionamento semplice semplice, mutuando quanto attuato in un organismo importante come il Consiglio dei Ministri, dove si decide ogni mercoledì il destino della Francia, e non solo. I ministri, entrando in stanza, lasciano il proprio cellulare in una scatola. Per riprenderlo solo a riunione finita. Perché a quell'incontro c'è bisogno della massima concentrazione, e dedizione. Senza stare a smanettare sullo smartphone mentre si discute, si decide, magari solo per stare su wapp o sui social, oppure messaggiare in un continuo dialogo o pettegolezzo con la moglie a casa o con il vicino di sedia.

La legge francese passata all’Assemblée Nationale recita così: «È vietato l’uso di qualsiasi oggetto connesso nelle scuole materne, elementari e medie». Non in aula, e nemmeno nei corridoi, bagni o palestre. Insomma, quando si fa lezione si fa lezione perchè, dice la norma, «è necessario che la scuola resti un’isola protetta, di uguaglianza, destinata all’apprendimento e alla socializzazione dei ragazzi». E' stato, dunque, normato un principio.

E in Italia? Vietato da una circolare del 2007, il cellulare potrebbe «rientrare» in aula (ma, entrato di nascosto, non ne era mai uscito) grazie alla indicazione dell'ex ministra Fedeli, che addirittura lo ha indicato come (?) «strumento di lavoro». Passi per il gruppo di classe in chat, utilissimo agli stessi docenti in orari extra scolastici per avere contatto continuo con i ragazzi, ma riteniamo risibile la «pezza» del «manuale di istruzioni per l'uso corretto» che la stessa Fedeli prospettava. Basta chiedere ai nostri ragazzi come il cellulare sia, più o meno generalmente, in maniera permanente nella dotazione scolastica dei ragazzi, spesso usato in spregio di ogni richiesta-raccomandazione degli insegnanti e adoperato per fini assolutamente non didattici, fonte di distrazione assoluta.

Saremmo pronti noi in Italia a un giro di vite come in Francia? Andiamo a sensazione, ma crediamo di no. Possibile che non si comprenda, invece, che dare qualità, «igiene» allo studio dei nostri ragazzi serva a migliorare una preparazione che invece diventa sempre più carente al confronto con i coetanei europei?

Davvero pensiamo che una norma come quella francese sia solo afflittiva e non formativa? I giudizi possono essere diversi. Ma in fondo sono gli adulti a dare ai ragazzi il primo esempio negativo, senza sollevare lo sguardo o staccare l'orecchio dagli smartphone mentre i figli cercano di parlare ai genitori. E allora: padri e madri sono pronti a raccogliere, eventualmente, ma molto eventualmente, una sfida di tal tipo che sicuramente mira, senza alchimie, a migliorare la preparazione a tutto tondo dei propri figli?
***
«In una perfetta educazione si prevengono cogli avvertimenti i vizi e s'ispirano cogli esempi le virtù» (Balbo, Dell'Educazione) 
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA