Servillo, il suo viaggio
nella lingua napoletana

Venerdì 1 Aprile 2016, 02:33
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Per uno speciale legame che ha molto a che fare con i ricordi, Toni Servillo ogni tanto torna al Teatro Nuovo, a Napoli, da dove è partita tanta parte della sua carriera. "Recitavo nella sala Assoli, quella che materialmente costruimmo per dare un segnale di rinascita ai Quartieri Spagnoli". Anni Ottanta, dopoterremoto. Oggi che Servillo è Servillo, lo spirito con cui affronta un testo resta lo stesso di quei tempi garibaldini, uguale il modo di trattare la parola scritta come "un congegno esplosivo" capace di scardinare comode certezze e vecchi luoghi comuni. E questo fa, l'attore, riprendendo a intervalli regolari, come in questi giorni, lo spettacolo  "Toni Servillo legge Napoli", un viaggio a ritmi serrati tra le pagine di Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo, Eduardo e Viviani, Montesano e de Giovanni. Non un reading né un semplice omaggio alla tradizione, ma un esercizio di carne e sangue sulla centralità della lingua napoletana, "drammaticamente viva" nella vertigine lessicale di Mimmo Borrelli, nella cavernosa ricchezza poetica di Enzo Moscato, nei silenzi così eloquenti di De Filippo.

Celebrando Napoli nella sua complessità letteraria, nella sua melodiosa musicalità, nelle sue mille contraddizioni, nella sua disperata vitalità, Servillo coniuga con sapienza d'interprete l'alto e il basso, il massimo della sofisticazione con il massimo della sincerità, anche feroce, anche brutale, "nel tentativo di porre in atto la vita". E che cos'è il teatro, se non un distillato di vita, un faccia a faccia dell'uomo con l'uomo?  E' la consueta tensione morale e civile che porta Servillo a ricercare negli autori prescelti "la relazione di ciascuno con il destino" e con l'ambiente che forma la loro arte tellurica. Ed è la sua capacità di dare corpo alle parole disegnandosele sulla faccia, facendo parlare gli occhi  e le rughe, che ha spinto Tullio Pericoli a dedicargli trentasette "ritratti sonori" in un librino prezioso e singolare appena uscito per Adelphi, dove le espressioni di Toni diventano palcoscenico per l'energia lavica contenuta nell'invettiva di Mimmo Borrelli su "Napule". Servillo si definisce "un attore militante":  e il senso di questa militanza, forse, è soprattutto questo.
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