Un tempo si diceva: cinema due camere e cucina. Intendendo un film fatto con pochi mezzi, girato in interni, senza particolari invenzioni, piuttosto ripiegato su se stesso. Certo cinema italiano degli anni Ottanta-Novanta spesso era fatto così e per questo non ha lasciato dietro di sé grandi rimpianti.
In due camere e cucina, letteralmente, Paolo Genovese ha ambientato "Perfetti sconosciuti", la commedia corale che sta sbancando i botteghini e in classifica ha superato perfino il lanciatissimo western di Tarantino. Ma dentro quei pochi metri quadrati ci ha messo un mondo. Tre coppie di trenta-quarantenni e un amico quasi single. Muniti di cellulare. Armati di cellulare. Il rito della cena conviviale. Quattro chiacchiere sceme e l'idea pericolosissima: mettere in comune i cellulari, ascoltare l'uno le telefonate dell'altro. Catastrofe annunciata. Perché in quei telefonini c'è davvero "la scatola nera" della vita di ciascuno, in cui nascondere segreti e bugie, grandi viltà e piccole miserie.
Non siamo più dalle parti della "Terrazza" di Scola, quando il personale era politico e i terremoti sociali si riverberavano nel privato dei personaggi; e nemmeno nella "Grande bellezza" di Sorrentino, nel disincanto cafonal di Roma godona così abile a nascondere il vuoto disperante dei suoi frequentatori. Nel film di Genovese i personaggi sono lo specchio di chi guarda, l'immedesimazione tra schermo e platea è totale. L'idea in apparenza è semplice, la differenza la fa la scrittura, sincronizzata come un meccanismo a orologeria. Il resto è merito di un cast di prim'ordine che mette insieme il meglio del nostro cinema di oggi, da Battiston a Mastandrea, Giallini e Leo, da Alba Rorhwacher a Kasia Smutniak e Anna Foglietta. Si ride, e si ride amaro, guardando "Perfetti sconosciuti", nel solco della gloriosa commedia all'italiana che dimostra di avere ancora molte cose da dire. Non moriremo di cinepanettoni, forse.
Genovese, l'arte della commedia
nascosta in un cellulare
Venerdì 19 Febbraio 2016, 15:15
- Ultimo agg. 15:17
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