Salerno, manette a due scafisti: inchiesta sulla rete dei nuovi caporali

Salerno, manette a due scafisti: inchiesta sulla rete dei nuovi caporali
di Petronilla Carillo
Lunedì 1 Settembre 2014, 23:55 - Ultimo agg. 2 Settembre, 08:21
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Tra i primi a salire a bordo della Virginio Fasan, la nave che ieri mattina ha sbarcato a Salerno altri 1.044 migranti, stato proprio il dirigente della Squadra Mobile, il vicequestore Claudio De Salvo. Nelle ore precedenti all’attracco della nave della Marina militare, lui e il capitano di fregata Marco Bagni si sono sentiti spesso al telefono. La polizia era a conoscenza del fatto che, a bordo della nave, vi erano due scafisti: quelli del gommone nero soccorso poco dopo le acque tunisine dai militari della Fasan perch in avaria. I due, giovanissimi, sono stati indicati agli investigatori proprio da alcuni profughi. Sono stati soprattutto i siriani e i palestinesi ad accusarli prima con il personale della Fasan e subito dopo con gli uomini della Mobile di Salerno. Entrambi giovanissimi, poco più che ventenni, sono stati fermati al termine di una serie di accertamenti e subito trasferiti al carcere di Fuorni dove, probabilmente domani, verranno sentiti dal gip del tribunale di Salerno che ne dovrà convalidare l’arresto. L’accusa per loro è di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I testimoni, invece, non possono essere indagati per immigrazione clandestina perché in arrivo dalla Siria e dalla Palestina, fuggono dalla guerra e hanno immediatamente chiesto di diventare rifugiati politici. I due scafisti sono di nazionalità tunisina anche se uno dei due, a bordo della Fasan, aveva in un primo momento dichiarato di essere palestinese. In questo modo sperava, forse, di poter passare inosservato, di mimetizzarsi con quanti si erano imbarcati per scappare da un territorio dilaniato dalla violenza. Ma gli accertamenti condotti dai poliziotti hanno smontato le sue dichiarazioni.

Salgono così a dodici gli scafisti finora arrestati a Salerno. Di questi, solo due sono stati scarcerati dal gip che non ha ritenuto valide le testimonianze degli accusatori, ritenendo anche loro clandestini. Solo due, invece, i rei confessi: il secondo ha ammesso le proprie responsabilità soltanto qualche giorno fa. Agli inizi di ottobre, invece, è stato fissato l’incidente probatorio a carico dei sei scafisti arrestati ad inizio di agosto. Intanto a rendere ancora più complicato l’iter giudiziario a carico degli arrestati c’è anche il fatto che molti degli accusatori, nel corso delle ultime settimane, avrebbero lasciato i centri di accoglienza e sarebbero divenuti irreperibili. Insomma, i testimoni starebbero facendo perdere le proprie tracce. Soltanto alcuni sarebbero stati convinti a restare per fornire il proprio contributo. Ma c’è attesa anche per l’udienza in Cassazione a seguito del ricorso presentato dalla procura contro l’ordinanza di scarcerazione dei due scafisti.

Le indagini della polizia, dunque, proseguono. Potrebbe partire da Salerno una inchiesta di ampio spettro. Grazie alle dichiarazioni rese proprio da alcuni accusatori degli scafisti, gli inquirenti si sarebbero convinti dell’esistenza di una rete di extracomunitari operativa in Italia e che si occuperebbe dello smistamento dei migranti verso il nord del Paese o verso il cuore dell’Europa industrializzata. Una sorta di «appendice» dell’organizzazione operativa in Africa che aiuterebbe queste persone, spesso clandestine, a lasciare l’Italia. Per il momento sarebbero soltanto ipotesi sulle quali, però, la polizia sta lavorando con il coordinamento della procura di Salerno.

Intanto proseguono gli interrogatori dei profughi. E dai loro racconti emergono sempre più altri dettagli su cosa avviene prima della partenza. Alcuni testimoni ascoltati ieri, ad esempio, hanno detto di aver pagato 1.400 dollari a testa per il viaggio e hanno spiegato anche alcune dinamiche. Chi paga il biglietto per intero ottiene un posto normale, chi paga meno viene messo nelle stive. E nelle stive vengono sistemati secondo criteri ben definiti, anche sulla base del peso e della stazza: ai più pesanti vengono dati posti tali da poter fare da contrappeso e consentire più stabilità alla barca. In genere a pagare il biglietto per intero sono siriani e palestinesi, in fuga dalla guerra e spesso persone con disponibilità economiche nel proprio paese.
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