Battipaglia. Sacche nutrizionali scadute al malato: cinque medici e infermieri sotto processo

Battipaglia. Sacche nutrizionali scadute al malato: cinque medici e infermieri sotto processo
di Angela Trocini
Venerdì 9 Ottobre 2015, 15:37
3 Minuti di Lettura
Somministrarono ad Emanuele Scifo quattro sacche nutrizionali scadute. Cinque persone, tra infermieri e medici, sono finite sotto processo: si tratta di Aniello Ambrosio, dirigente responsabile dell'unità operativa Uvd-Iss domiciliare del distretto sanitario Asl di Battipaglia; Antonino Cerrone, infermiere facente funzione di caposala presso la medesima unità operativa; Gian Carmine Ferrara, anch'egli infermiere; Antonio Abenante e Luigi Caputo, rispettivamente infermiere e medico in servizio presso l'unità operativa.



Ieri mattina, davanti al giudice monocratico del Tribunale di Salerno, Ennio Trivelli, c'è stata la costituzione di parte civile di Emanuele Scifo (attraverso l'avvocato Orazio Tedesco) che sarà sentito il prossimo 11 febbraio insieme ad altri due testimoni. Secondo le accuse, formulate dal magistrato Mariacarmela Polito, i cinque professionisti agirono in modo «negligente, imprudente e con imperizia» somministrando al paziente - che era sottoposto ad alimentazione parenterale in regime di assistenza domiciliare - quattro sacche nutrizionali pericolose per la salute in quando scadute da alcuni mesi (febbraio 2011) rispetto all'utilizzo delle stesse (dal 18 al 25 giugno 2011).



Nello specifico Antonino Cerrone, nella sua qualità di caposala facente funzioni (sostituiva il titolare assente per malattia), avrebbe predisposto le quattro sacche sigillandole in un cartone e mettendole a disposizione dell'infermiere che doveva consegnarle al paziente. Tutto questo senza controllare la data di scadenza delle sacche. Anche l'infermiere Gian Carmine Ferrara, al momento dell'infusione, non si sarebbe accorto della scadenza delle sacche così come Antonino Abenante e Luigi Caputo, l'infermiere ed il medico che eseguirono un controllo domiciliare del paziente e di una delle sacche in corso di infusione omettendo, però, di verificare la data di scadenza. Lo stesso Aniello Ambrosio, in qualità di dirigente responsabile dell'unità operativa, a parere dell'accusa, avrebbe «omesso di assicurare il puntuale e diligente rispetto delle procedure in modo da garantire il controllo della qualità e salubrità del prodotto».



E la somministrazione delle sacche nutrizionali che erano già scadute provocò al paziente Emanuele Scifo coliche addominali con diarrea e febbre alta con una prognosi - in un fisico già compromesso da una rara malattia - di quindici giorni. Emanuele Scifo, anche lui infermiere, è affetto da un'ostruzione cronica intestinale (Cipo). Una malattia rarissima che gli fu diagnosticata nel 2009 al policlinico Sant'Orsola a Bologna dove Emanuele Scifo venne sottoposto ad un intervento esplorativo per capire il problema. Si scoprì che era affetto da una patologia dell'intestino caratterizzata da un transito rallentato e da una ridotta capacità di spingere il cibo attraverso l'ultima parte dell'apparto digerente. Malattia aggravata anche da una malformazione dei piccoli vasi dell'intestino, che comporta continue perdite di sangue, e da una paralisi parziale dello stomaco.

Nove anni fa l'infermiere battipagliese, che ora ha 34 anni, pesava più di novanta chili. Ora appena quaranta. Negli anni è stato sottoposto ad una serie di interventi chirurgici (gli hanno tolto parte dello stomaco e dell'intestino) e nel 2012 si pensò ad un trapianto multiviscerale come unica alternativa possibile. Ma purtroppo i medici del «Jackson memorial hospital» a Miami non hanno voluto operare Emanuele Scifo a causa delle attuali condizioni fisiche: a novembre scorso, dopo la raccolta attraverso l'associazione «Una corsa contro il tempo per Emanuele onlus» di un milione di euro (tanto ci voleva per il trapianto multiorgano), i dottori americani hanno diagnosticato un rischio altissimo di morte durante l'intervento o immediatamente dopo. E, così, Emanele Scifo è ritornato a casa e continua ad essere curato dai medici del Sant'Orsola mentre l'onlus che porta il suo nome continua il suo operato per sensibilizzare alla donazione degli organi e per aiutare i malati che hanno bisogo di sostegno morale e materiale.



Nel frattempo, ieri è iniziata anche la sua battaglia giudiziaria contro chi ha messo a serio rischio la sua salute ed ora deve rispondere - davanti al giudice - di un'ipotesi di reato che rientra nei delitti colposi contro la salute pubblica.

© RIPRODUZIONE RISERVATA