«Vincenzo, ce l’abbiamo fatta». La prima telefonata è dell’amico deputato Fulvio Bonavitacola. Sono da poco passate le 10,30 e il Tribunale di Napoli ha emesso l’atteso verdetto: la Campania ha il suo governatore. De Luca chiude gli occhi, tira un sospiro di sollievo, sorride. Sono stati giorni drammatici ma l’incubo sembra finito. O almeno lo sarà fino all’udienza collegiale in programma il 17 luglio.
In queste due settimane De Luca avrà pieni poteri.
Un pensiero lo rivolge ai suoi elettori, ai quali manda un preciso messaggio: «È sembrato, in questi giorni, che il primo e fondamentale elemento di correttezza istituzionale potesse esser quasi cancellato. Si ripristina il rispetto della volontà popolare».
Il primo round l’ha vinto. Ma il governatore sa che la strada resta piena di insidie. La prima già il 17 luglio, quando si terrà l’udienza di merito davanti alla prima sezione civile. Poi i ricorsi che le opposizioni hanno già presentato e quelli annunciati. E ancora il verdetto della Corte Costituzionale, previsto per il 20 ottobre, sulla legge Severino, che per molti giuristi presenta evidenti profili di incostituzionalità. Comunque vada, assicura De Luca, «abbiamo rispettato e rispetteremo rigorosamente tutte le leggi dello Stato. Così come ci batteremo a fondo per la difesa dello Stato di diritto e dei principi costituzionali. È necessario - attacca - espellere dalla vita pubblica ladri e tangentisti; ma è altrettanto necessario tutelare a pieno, nella loro dignità e nel loro lavoro, quanti continuano ad assumersi responsabilità per cambiare il Paese, realizzare opere, creare lavoro».
Ora c’è da rimboccarsi le maniche. Perché la Campania, più di altre regioni, non poteva reggere a lungo senza un presidente: Bagnoli terra di nessuno, il porto di Napoli commissariato, le vertenze occupazionali, i cantieri in sospeso, sanità e trasporti in affanno. De Luca dovrà occuparsi di tutto questo. E non potrà certo farlo senza l’aiuto di un governo amico. Per questo prima di tutto dovrà provare a ricostruire il rapporto con Matteo Renzi, che da venerdì si è incrinato: a De Luca non è piaciuta la mossa della sospensione del governo prima dell’insediamento del Consiglio e della giunta, al premier non sono piaciute le critiche rivolte dal governatore campano e dai suoi avvocati che, nel ricorso, bollano come «disinvolto» il decreto di sospensione. I rapporti restano tesi. Ieri, del resto, l’ex sindaco di Salerno è stato al Nazareno ma non a Palazzo Chigi. Renzi, tuttavia, sceglie di non polemizzare e alla classe dirigente campana chiede subito fatti, azioni concrete, risultati.
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