Morte di De Filippo | Il Natale senza Lucariello

Morte di De Filippo | Il Natale senza Lucariello
di Giuseppe Montesano
Domenica 29 Novembre 2015, 19:50 - Ultimo agg. 19:49
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Luca De Filippo è morto, e con lui se ne va un altro pezzo del mondo che abbiamo amato. Anche se volevamo dimenticarlo, ogni anno la grandezza di Natale in casa Cupiello mandato in televisione nei giorni delle feste veniva a ricordarci quel mondo, e restavamo affascinati a guardare alcune scene viste e riviste: e ogni volta, ipnotizzati dalla lenta svestizione di Eduardo, divertiti amaramente dallo “zuppone” che mammà faceva a un Lucariello trentenne disoccupato come se fosse un bambino piccolo.

Stupiti dall'ostinazione di Eduardo nel costruire un presepe che pareva una questione di vita o di morte, ogni volta arrivava il momento, sempre sconvolgente, del confronto tra quel padre Eduardo e quel figlio Luca che erano tali sulla scena e nella realtà, fino alla scena in cui lo scontro tra i due divampava comico e feroce: «Lucarie', te piace ‘o presepe?» «Nun me piace!» E per anni e anni noi siamo stati la generazione che pur non volendo e trovandolo anche ripugnante, si identificava e si schierava con Lucariello, una generazione che il presepe di Eduardo non lo voleva o lo voleva diverso, una generazione che nel migliore dei casi considerava ‘o presepio un patetico e dolce ricordo d'altri tempi: perché pensava o fantasticava che ci sarebbero stati tempi più luminosi.

E ora, ora che da tempo Eduardo non c'è più e anche Luca ci ha lasciato, ora ci sembra tutto cambiato. Il nostro presepe si fa ogni anno più piccolo, le luci vanno e vengono e si spengono, e a volte su di esso come in questi giorni di orrore cala una tenebra fitta. Il tentativo di Eduardo di tenere insieme ciò che si rompeva da tutte le parti ci sembrava un po' ipocrita, quasi una forma di falsità: ma ora che le macerie dei nostri vecchi e sempre più minuscoli presepi crescono, e si ammucchiano ma senza aver fatto spazio a qualcosa di bello e di migliore, ora che il presepe anche materiale è diventato un gadget turistico e nulla più, ora siamo colti da un brivido. E se invece di dire che non ci piaceva avessimo potuto e voluto costruire un presepe più vero e più nostro? Se Eduardo non avesse voluto per forza che Lucariello amasse il suo presepe ma lo avesse lasciato libero di farlo a proprio modo? E se il figlio non avesse lasciato il padre da solo a costruire quel maledetto-benedetto presepe e lo avesse aiutato come era capace di fare?

È strano, ma l'improvvisa morte di Luca De Filippo sembra fuoriuscire dalla realtà e salire di nuovo sulla scena, come se non fosse affatto finito il tormentone tra padre e figlio: ma il presepe è bello o è brutto, ti piace o non ti piace? E se Lucariello e Eduardo sapevano almeno cosa volevano, noi sappiamo sempre meno cose, e abbiamo sempre meno sicurezze. E il tempo, poi! Dove saranno mai quei tempi lunghi che si potevano dedicare a trovare il muschio vero per il presepe, e i pastori di creta che poi si doveva «perdere tempo» a dipingere più o meno bene? Oggi il lavoro ci aliena e ci impedisce di comunicare, la velocità delle cose ci fa diventare cose. Da figli siamo diventati padri e madri, e non abbiamo più un presepe da difendere: o forse ce lo abbiamo, ma si è rimpicciolito fino a diventare quasi un ologramma, un sogno virtuale. Ma gli esseri umani non possono nutrirsi di ologrammi virtuali, perché si ammalano, si impoveriscono, si chiudono in se stessi, non parlano più. Perdono le speranze, e lasciano che la tenebra avanzi, o creano altra tenebra contro la tenebra. E se dovessimo salutare il Luca che ci ha lasciato e che rappresenta una parte importante di noi, dinoccolato e indimenticabile nella sua parte forse più geniale, oggi non potremmo farlo se non immaginandolo cambiare la sua parte: e diventare un Lucariello-tutti che partecipa alla costruzione del presepe perché ha capito che quel luogo di speranza è anche suo, un Lucariello-tutti che smette di farsi viziare dallo «zuppone» della mammà politica di turno che se lo compra con pochi spiccioli, un Lucariello-tutti che non deve sprofondare nella tragedia per ridiventare umano.

Quel Lucariello-tutti non dice più che gli piace il presepe per forza o che per forza il presepe non gli piace, ma capisce semplicemente che il presepe gli appartiene da sempre, e che va coltivato come un'oasi nel deserto.

E il nuovo Lucariello-tutti non sbraita più, ma paziente, libero e attento agli altri, pensa a trovare la carta, e il legno, e l'arrotino, e l'uomo delle angurie, e il pescivendolo, e pensa a come può fare un presepe più nuovo e più bello: Lucariello ha capito.

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