Luca De Filippo: festa all'Università per ricordare Eduardo, a 30 anni dalla morte

Luca De Filippo: festa all'Università per ricordare Eduardo, a 30 anni dalla morte
Giovedì 23 Ottobre 2014, 15:39 - Ultimo agg. 16:54
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«Perchè Eduardo piace tanto ai giovani? Forse perchè ha sempre detto le cose come stanno». Sono in centinaia, studenti dell'Università Federico II, abbracciano Luca De Filippo ad ogni passo mentre l'aula del convegno si affolla e bisogna sedersi a terra come nelle assemblee.

Chiedono selfie ma anche autografi sulle pagine della «Cantata dei giorni pari e dispari», le raccolte di testi che oggi studiano e che si rappresentano in tutto il mondo, dall'America alla Comèdie-Francaise, sopravvissute a chi pensava che interpretate da un altro attore avrebbero fatto il loro tempo, e che invece raccontano oggi più che mai Napoli e l'Italia.

Luca de Filippo trascorre i giorni delle celebrazioni del trentennale della morte di suo padre in scena al teatro Diana, come quel 31 ottobre 1984; gli omaggi sono molti, ma alla mattinata nell'Ateneo dove si laureò anche Napolitano (che ha inviato alla due giorni del Forum Culture la sua ‘medaglia’), ci tiene molto e si vede.

«Quando fu chiamato negli ultimi anni di vita alla Sapienza di Roma per fare lezione di drammaturgia, un professore disse: dove arriveremo, un guitto all'Università! Che successo ebbe, invece.

Mio padre ha sempre avuto attenzione enorme ai giovani, anche nelle compagnie. Oggi sono contento che Eduardo all'università ci torni, studiato. Avrei voluto celebrare questa data con un convegno internazionale sui ragazzi a rischio, poi per motivi di salute ho dovuto rimandare, ma si farà».

E aggiunge: «Oggi le cose non sono cambiate rispetto agli appelli di Eduardo a Nisida 30 anni fa, da senatore, anzi si sono complicate. Pensate che nel quartiere del nostro teatro, il San Ferdinando (che Luca ha donato al Comune, ndr) convivono sette etnie, ragazzi che hanno codici diversi. Eduardo un preveggente? No, ha lavorato tanto per vedere lungo. Dopo aver perso la seconda guerra mondiale non c'è stato il tempo di pulirsi l'anima, sono arrivati troppi aiuti, si è alimentato il fuoco della corruzione e dell'accaparramento, disse. E non è una riflessione sbagliata».

Eduardo è più attuale che mai, anche sui problemi del teatro italiano: «Scriveva negli anni 50 alle autorità denunciando una situazione simile a quella odierna. Come diceva Paolo Grassi il teatro deve essere un servizio pubblico come la sanità e i trasporti e invece oggi tagli dissennati alla cultura e all'università rischiano di impedire ai nostri giovani la competizione con i coetanei di altri paesi che non fanno come l'Italia».

Poi parla del suo essere figlio d'arte, con la naturalezza di una storia immensa alle spalle: «Chiesi una volta a dei giovani: vero, io il mestiere l'ho fatto perchè figlio d'arte, ma voi perchè volete farlo? Alle volte si cerca solo visibilità. La mia è una famiglia di teatranti da tre generazioni. Racconto un aneddoto: uscendo dal San Carlo dove aveva debuttato trionfalmente «Napoli milionaria», in una mattinata storica nella Napoli stravolta dalla guerra, dopo una notte intera di prove generali, mia zia Titina disse al marito: Pietro (Carloni, ndr), a casa non c'è niente da mangiare, passiamo in salumeria. Ecco, per noi De Filippo, questo è il teatro, un mestiere come un altro».