Torre del Greco. In causa da 37 anni: e spuntano altri cavilli

Torre del Greco. In causa da 37 anni: e spuntano altri cavilli
di Teresa Iacomino
Mercoledì 5 Agosto 2015, 10:09
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TORRE DEL GRECO «A 37 anni dall'avvio della nostra vicenda ereditaria, non solo non siamo entrati in possesso dell'immobile, ma dopo una causa durata 33 anni rischiamo nuovamente di finire a processo per risolvere una questione che ci ha visto buttare soltanto tempo e soldi». A raccontare la paradossale vicenda giudiziaria che vede coinvolta la sua famiglia è Vito Iura, uno dei tre figli di Firmina Sasso, che con altre tre sorelle e un fratello ha ricevuto in eredita dai genitori un immobile a due livelli nel quartiere Sant'Antonio, immobile composto complessivamente da due appartamenti, un negozio, un capannone e un terreno attiguo.



Era il 1978 quando è iniziata la causa giudiziaria, costellata da rinvii e udienze infrattuose che hanno portato i cinque fratelli a dover aspettare 33 anni per vedere apparentemente chiusa la contesa: «Il giudice dell'epoca - racconta Iura - nel 2011 decise che per mettere tutti d'accordo occorreva effettuare un vero e proprio sorteggio. E così l'assegnazione di appartamenti e conguagli in soldi fu affidata alla dea bendata».



Tutto finito? Niente affatto. Per due anni l'immobile è risultato intoccabile, visto che bisognava pagare una cartella esattoriale di oltre 33mila euro all'Agenzia delle entrate per ultimare le pratiche legate alla successione. «Anche in questo caso è stato impossibile trovare un accordo tra gli eredi - spiega ancora Iura - tanto che a fine 2013 io e i miei fratelli abbiamo deciso di accollarci questa ulteriore spesa pur di venire in possesso di quanto toccava a nostra madre». Nel frattempo purtroppo deceduta, come altre due sorelle e perfino l'avvocato di famiglia.



Legale che gli Iura sono stati costretti a cambiare, visto che la vicenda è tornata a farsi complicata quando è stato scoperto un errore nella perizia firmata nel 2006 da un consulente tecnico d'ufficio nominato dal tribunale di Torre Annunziata. A spiegare il fatto è Alfonso Renzulli, nuovo legale della famiglia Iura. «Tutto sta - dice - nell'errore di trascrizione della particella catastale: anziché riportare 194, infatti, il Ctu ha scritto 154».



Un errore facile da correggere specie se il consulente che ha firmato l'atto ha ammesso il proprio sbaglio? Invece no, perché quello che i legali avrebbero voluto far passare come un «errore materiale», è stato ritenuto dal tribunale uno sbaglio tale da rendere l'atto non valido: «Se ne dovevano accorgere prima eredi, avvocati e giudici» è la tesi dei magistrati. Con la necessità - oggi, a 37 anni dall'avvio della causa ereditaria - di avviare un ricorso. Una nuova causa: «Questa decisione del collegio presieduto dal giudice Chiappetta comporterà - spiega Vito Iura - altra perdita di tempo e soprattutto un ulteriore esborso economico».



«Nella migliore delle ipotesi ci vorrà un anno» rincara la dose l'avvocato Renzulli. «Questa vicenda non conosce mai la parola fine» dice visibilmente rammaricato Iura. Che spera ancora che il ritorno davanti ai giudici possa essere in qualche modo scongiurato: «Sulla nostra testa - ammette infine il diretto interessato - pende anche un'ammenda di undicimila euro per il ritardo nel pagamento della successione. Sono certo che mia madre e i suoi fratelli, sapendo come sarebbe poi andata a finire, di certo nel 1978 non avrebbero mai avviato questa causa giudiziaria per un solo immobile».

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