Napoli. Salvatore morì un anno fa in Galleria. La mamma: «Colpevoli marciscano in galera»

Salvatore Giordano
Salvatore Giordano
di Ferdinando Bocchetti
Sabato 4 Luglio 2015, 09:01 - Ultimo agg. 09:06
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MARANO - È come se il tempo non fosse mai passato. Tutto è rimasto uguale nella casa dei genitori di Salvatore Giordano, il 13enne colpito da un pezzo di fregio staccatosi dalla galleria Umberto e morto dopo quattro giorni di agonia. Tutto uguale a quel maledetto pomeriggio del 5 luglio di un anno fa, quando una telefonata ha gelato il sangue di mamma Margherita e papà Umberto.



Signora Margherita, cosa ricorda di quel giorno?

«Ricordo ogni attimo. Ricordo l'ultima telefonata di Salvatore, quella ricevuta alle 17,50, soltanto tre minuti prima che fosse colpito dal fregio. Era in compagnia dei suoi amici. Era la prima volta che si recavano in centro. Ci disse che avevano cambiato meta: non più il Vomero ma a Napoli, in via Toledo, e che era andato tutto bene».



Poi cosa accadde?

«Ci contattarono alle 19. Io ero con mio marito Umberto. Eravamo andati al Vomero, stavamo passeggiando quando i vigili ci dissero di raggiungere il Loreto Mare perché Salvatore era stato coinvolto in un incidente. Quel giorno eravamo andati al Vomero anche per rassicurarci che tutto stesse andando per il verso giusto: erano le sue prime uscite ed eravamo un po' in apprensione».



Quale fu la sua prima reazione?

«Non riuscivo a capire, mi sono sentita venir meno, non riuscivo a camminare. Non sapevo ancora cosa fosse realmente accaduto a mio figlio. Un incidente in via Toledo, in una zona a traffico limitato, mi sembrava tutto molto strano».



Domani sarà passato esattamente un anno da quell'assurdo evento.

«Vorrei tornare indietro e impedire a Salvatore di andare via. La vita della mia famiglia si è fermata in quell'istante. Qui in casa non è cambiato nulla: la sua stanzetta, il suo cuscino, le foto, le cose che amava di più. Ne parliamo tutti i giorni. Salvatore è una presenza costante».



In questi mesi avrà pensato tante volte ai momenti vissuti con suo figlio.

«Il dialogo con Salvatore non si è mai spezzato, gli parlo tutti i giorni. Ho trovato la forza per leggere il libro che mi aveva regalato poco prima che morisse: è la storia di un ragazzo che sacrifica la sua vita per salvare un bambino e un cagnolino. Salvatore era un ragazzo speciale: mi abbracciava, mi baciava di continuo. Numerosi sono stati i segni, soprattutto dopo la sua morte, che ci hanno fatto riflettere».



Vuole raccontarne qualcuno?

«Non amo mettere in piazza certe cose, ma posso assicurarle che ci sono stati eventi inspiegabili. Per non parlare dei presentimenti prima che ci lasciasse».



Avete spesso polemizzato con il sindaco De Magistris. Sono previste iniziative in memoria di Salvatore?

«Non c'è stato alcun contatto con il Comune di Napoli. Qualcuno, a Marano, avrebbe voluto organizzare una fiaccolata ma io sono stremata: sarebbe come rivivere un altro funerale. Iniziative? La sua ex scuola, la D'Azeglio, ha istituito un premio in sua memoria. Un'altra iniziativa si terrà tra qualche mese. Sarà istituito un premio per l'alunno che si distinguerà per una buona azione compiuta. Un premio alla bontà, insomma».



Cosa le dà la forza per andare avanti?

«C'è uno psicologo che ci assiste, andiamo in chiesa, al cimitero, ma nulla può colmare il vuoto lasciato da Salvatore. La rabbia non è scemata, ma cerchiamo di farci forza per affrontare il processo. Non avremo pace fino a quando non vedremo i responsabili marcire in galera».
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