Camorra a Napoli. Forcella, i verbali choc: «Andate, sparate e uccidete: occasione da Padreterno»

Camorra a Napoli. Forcella, i verbali choc: «Andate, sparate e uccidete: occasione da Padreterno»
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 8 Ottobre 2015, 13:26 - Ultimo agg. 13:27
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Quando arriva la «soffiata», in un caldo pomeriggio d’estate, la signora non sta nella pelle. È la prima ad esultare, ma anche l’unica a non perdersi in chiacchiere. Lì, in via Oronzio Costa, tra una partita a carte e una chiacchiera, la donna ripete per cinque volte un concetto: «Questa occasione ce la manda il Padreterno, guagliù...». Poi, mentre gli altri si perdono in chiacchiere, lei diventa perentoria: «Fate una cosa veloce, ià». Parla Emilia Sibillo (solo omonima degli uomini del clan Sibillo), moglie di Giuseppe Buonerba: «Ce la manda il Padreterno questa occasione»; Gino e Antonio, incassano la soffiata: «Dicono che ha una maglietta rosa, il brillante (soprannome di Salvatore D’Alpino, vittima designata), si è messo la maglietta rosa...». E lei insiste: «Non cominciate a fare bordello, avete sentito? Ci sta una capa lucida lucida, lì in quella pizzeria, una capa ”brillante”... fate una cosa veloce, ià». Ma la storia della faida, della «terra sporca di sangue» la raccontano anche le parole di due fidanzati, grazie a una cimice che registra le conversazioni di Roberto De Berbardo (che non rientra tra i nomi dei fermati), mentre dialoga con una ragazza con cui intrattiene rapporti sentimentali. Amore ai tempi della faida, scenario di guerra che sembra stridere con le richieste di chiarimento fatte dalla ragazza. Si lamenta, la giovane donna. Chiede al fidanzato il motivo per il quale non riescono ad organizzare un incontro, neanche per pochi minuti, magari sotto casa di lui. Inevitabile un riferimento al clima di terrore che si respira in una stradina di Forcella, la stessa che - dopo gli omicidi di Emanuele Sibillo e il ferimento di tre minori - viene ribattezzata «via della morte». Insomma, il chiarimento fornito dall’uomo alla fidanzata viene usato nel decreto di fermo della Dda per dimostrare la coerenza di alcune acquisizioni investigative. «Ci sta il sangue a terra - dice - non mi posso neanche affacciare».



Perché? - insiste la ragazza - cosa te lo impedisce? «Ma li leggi i giornali? Fai una cosa, vai in internet e clicca via Oronzio Costa, così capisci anche tu. Basta un secondo che mi affaccio e rischio di prendere una botta dietro la schiena: «Leggiti le interviste, vedi i palazzi, lo vedi l’omicidio Sibillo? Ecco, questo è il posto dove sei venuta tu l’altra volta, ci stanno troppe tarantelle, hai capito perché non posso? Hai capito perché non scendo e non mi affaccio neanche?». Ed è anche grazie a queste frasi, oltre agli esami della scientifica, che è possibile ricostruire alcuni episodi di cronaca che hanno scandito la faida degli ultimi mesi. Agli atti finisce infatti la ricostruzione di alcuni delitti consumati in via Costa. È il 2 luglio scorso, quando viene ucciso Emanuele Sibillo, il presunto reggente del cartello Amirante-Brunetti-Giuliano-Sibillo, che era sfuggito una settimana prima alla maxiretata di giugno. Latitante, non si era perso d’animo. Anzi: era andato a sparare, assieme al suo gruppo, in via Costa, nel tentativo di mostrare i muscoli e dimostrare che il suo ruolo di boss non usciva indebolito dagli arresti. Spara, si fa spalleggiare da complici, ma viene raggiunto da un proiettile alla schiena. Fine di un emergente, in sella resta il fratello latitante Pasquale Sibillo. Stesso trattamento che era stato riservato a tre minori, era il 29 giugno scorso: sono legati ai Sibillo, sono quelli della paranza dei bimbi, non hanno ancora 18 anni, vanno a sparare in via Costa. E vengono feriti, raggiunti da colpi esplosi dai balconi di quella strada ribattezzata via della morte.



Una lunga scia di sangue, indagini che sembrano fare chiarezza su uno dei delitti più amari consumato a Napoli negli ultimi anni. È l’omicidio di Luigi Galletta, un meccanico incensurato, vittima di un pestaggio e di un agguato camorristico, consumato nell’arco di pochi giorni.
Secondo la Dda di Napoli, si tratta di una vittima «innocente», vale a dire estranea alle dinamiche di camorra. Viene ucciso - forse - per il suo legame di parentela con Luigi Criscuolo, uno dei presunti esponenti del gruppo di «capelloni» scompaginato all’alba di ieri. Viene ucciso il 31 luglio, il meccanico di Forcella, pochi giorni prima era stato interrogato e picchiato a sangue. In azione, secondo la Procura, quelli dei Sibillo, probabilmente interessati a conoscere il covo del cugino.
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