Tuffi proibiti alla Reggia, Daverio: «Innocua goliardata, il vero nemico è lo stato di incuria»

Tuffi proibiti alla Reggia, Daverio: «Innocua goliardata, il vero nemico è lo stato di incuria»
Sabato 29 Agosto 2015, 08:41 - Ultimo agg. 09:23
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I tuffi alla Reggia di Caserta? «Una goliardata, fanno parte del colore locale. È molto peggio l’incuria generale del monumento, da voi servirebbe un generale napoleonico per dare la svolta». Il critico d’arte Philippe Daverio conosce bene il Palazzo reale ma non è scandalizzato dal puntuale ritorno del bagno d’agosto di gruppi di ragazzini.



Guarda avanti, al futuro delineato dalla riforma Franceschini per il sito Unesco e che bolla con il marchio dell’insufficienza.



Daverio, quei tuffi non sono allora un danno d’immagine?

«Ma non fanno male a nessuno, neppure alle carpe nelle vasche. Certo, non è proprio normale, ma noi accettiamo queste stranezze, perché si fanno in un luogo magico. I tg che ne parlano? Ci sono cose ben più gravi, dall’abbandono in cui versa il monumento ai furti d’acqua fino alla mancanza di fondi. Chi vuole che se ne freghi di una piccola abitudine seppur poco decorosa. Se quei giardini avessero carrozze, fiori ben curati e poi anche gli scugnizzi, faremmo felicissimi i turisti americani. Ma manca tutto a Caserta. Guardi, se il resto funzionasse, mi metterei pure io a fare il tuffista di professione alla cascata».



Ammetterà che è un problema se su 140 custodi in organico solo sette vigilino sul parco.

«A questo c’è un’unica via d’uscita, occorre pagare di più chi lavora. Al posto fisso spesso non corrisponde l’idea che si deve lavorare e allora non togliamo il posto ma valorizziamo chi lavora, senza punire, come si fa nelle aziende».



Ma così daremmo lo stipendio a persone che non lavorano, sarebbe molto peggio.

«Non c’è alternativa, il sistema sindacale italiano non prevede altre possibilità. In questo modo anche quelli che lavorano di meno si mettono in riga, gliel’assicuro»



Crede che l’arrivo del nuovo manager Felicori cambierà anche questo scenario?

«Sulle nomine dei manager ci sono attese messianiche. Io ho diversi timori. Casi come Caserta avrebbero bisogno di un progetto misto e condiviso tra ministero e realtà locali. E anche quella cosa misteriosa chiamata società civile dovrebbe dire qualcosa. L’impressione invece è che non ci siano cure vere e applicate, che lo sforzo messo in campo sia distante dalla dimensione della questione-Reggia, che riguarda l’esterno e l’interno del Palazzo, la conservazione, l’organizzazione e il rilancio. Qui ci vuole un generale napoleonico, per giunta in un bacino territoriale in cui la funzione che dovrebbero svolgere i beni culturali è trainante, dove la riqualificazione dipende molto dalla capacità di creare attenzione, non solo posti di lavoro, intorno ai tesori».



Intanto alla Reggia non si riescono a pagare più nemmeno le bollette.

«Questa è la vicenda più grave. Non c’è ancora un piano per il futuro e prima che l’annunciato rilancio diventi realtà saremo tutti morti di questo passo. Mi sembra un brancolare in una direzione imprecisa, dove nessuno è colpevole di niente e nessuno è responsabile di nulla. Ora arriva un direttore da Bologna, ci penserà lui? Non so, diamogli un’opportunità, ma non mi sembra che il percorso delineato indichi una via di soluzione. Un po’ penso male, perché la situazione è davvero diventata troppo complicata. La Reggia fino a pochi anni fa era il luogo più visitato dopo Pompei, ha avuto un calo notevole di presenze, non è il caso di pensarci? Ma senza l’accordo con società civile e senza investimenti importanti sulla comunicazione sarà difficile. Il fatto poi che Caserta non abbia più nemmeno un sindaco influisce su tutto il percorso».



Lei segnala un caso-Caserta da affrontare a livello nazionale?

«Non esiste solo un caso Caserta, bisogna cominciare a dire che la Reggia porta tutto in una dimensione teatrale maggiore, ma la sostanza della questione non è differente da altri posti. L’Italia nella catastrofe è intimamente riunita. Manca una coscienza nazionale, di fatto non importa agli italiani del nostro patrimonio».



Come finirà?

«Non finirà. Alcuni monumenti funzioneranno meglio, altri peggio, come sempre. Ma ora voglio vedere un direttore da Bologna alle prese con i sindacati dei custodi alla Reggia, non sarà certo una passeggiata».



lor.iul.