Non c’è niente di più tenero e confortante che baciare o abbracciare il proprio cane o gatto. Tuttavia, gesti così semplici e spontanei potrebbero celare pericolose insidie. Più precisamente potrebbero aprire un varco per la trasmissione di “superbatteri” contro i quali gli antibiotici che abbiamo a disposizione non hanno alcun effetto. A puntare i riflettori sull’importante ruolo degli animali domestici, cani e gatti, nella diffusione dei batteri resistenti agli antibiotici è uno studio condotto in Portogallo e Regno Unito, che verrà presentato da Juliana Menezes dell’Università di Lisbona al congresso dell’European society of clinical microbiology and infectious disease, che si terrà a Barcellona dal 27 al 30 aprile. I ricercatori hanno trovato le prove della trasmissione di batteri multiresistenti da cani e gatti malati ai loro proprietari sani, sollevando i timori sul fatto che gli animali domestici possano fungere da serbatoi di resistenza e quindi favorire la diffusione di infezioni contro le quali non abbiamo alcuna arma.
Cani e gatti, allarme superbatteri (resistenti agli antibiotici): potrebbero contagiare i padroni
L’allarme antibiotico-resistenza
«Lo studio ci dice che la diffusione dei microrganismi resistenti agli antibiotici non è legata soltanto agli ospedali o alla malasanità, ma che ha raggiunto livelli così allarmati da arrivare nelle case e nelle famiglie in cui vivono anche animali domestici», commenta Maurizio Sanguinetti, direttore del Dipartimento Scienze di Laboratorio e infettivologiche, direttore della UOC Microbiologia, Policlinico Universitario A.
Lo studio
Nello studio sono stati testati campioni di feci e urina e tamponi cutanei di cani, gatti e dei loro proprietari con lo scopo di individuare Enterobacterales, una vasta famiglia di batteri che comprende E. coli e Klebsiella pneumoniae, resistenti ai comuni antibiotici. I ricercatori si sono concentrati sui batteri resistenti alle cefalosporine di terza generazione, usati per trattare un’ampia gamma di condizioni, tra cui la meningite, la polmonite e la sepsi, e che sono stati classificati tra gli antibiotici più importanti per la medicina umana dall’OMS. Lo studio ha preso in considerazione anche i batteri resistenti ai carbapenemi, farmaci utilizzati come ultima linea di difesa quando altri antibiotici hanno fallito. In totale, sono stati coinvolti 5 gatti, 38 cani e 78 esseri umani provenienti da 43 famiglie in Portogallo e 22 cani e 56 esseri umani provenienti da 22 famiglie nel Regno Unito. Tutti gli esseri umani coinvolti erano sani, mentre gli animali domestici presentavano infezioni della pelle e dei tessuti molli o infezioni del tratto urinario. In particolare, in Portogallo, un cane (1/43 animali domestici, 2,3%) è stato colonizzato da un ceppo di Escherichia coli multiresistente che produce OXA-181, un enzima che conferisce resistenza ai carbapenemi. Tre gatti e 21 cani (24/43 animali domestici, 55,8%) e 28 proprietari (28/78 proprietari, 35,9%) ospitavano Enterobacterales produttori di ESBL/Amp-C, enzimi che conferiscono la resistenza alle cefalosporine di terza generazione. In cinque famiglie, una con un gatto e quattro con cani, sia l’animale domestico che il proprietario erano portatori di batteri produttori di ESBL/AmpC. L’analisi genetica ha mostrato che i ceppi erano gli stessi, confermando così l’avvenuta trasmissione tra l’animale domestico e il proprietario. In una di queste cinque famiglie, un cane e il proprietario avevano anche lo stesso ceppo di Klebsiella pneumoniae. Nel Regno Unito, un cane (1/22 animali domestici, 14,3%) è stato colonizzato da due ceppi di E. coli multiresistenti che producono beta-lattamasi NDM-5. Questi E. coli erano resistenti alle cefalosporine di terza generazione, ai carbapenemi e a diverse altre famiglie di antibiotici. I ricercatori britannici hanno isolato gli Enterobacterales produttori di ESBL/AmpC in otto cani (8/22 animali domestici, 36,4%) e tre proprietari (3/24 proprietari, 12,5%). In due famiglie, sia il cane che il proprietario erano portatori degli stessi batteri produttori di ESBL/AmpC.
La trasmissione con baci e carezze
Anche se non è stato possibile dimostrare la direzione della trasmissione, cioè se da animale a uomo o viceversa, i tempi dei test positivi suggeriscono che la trasmissione è avvenuta in alcuni casi dal cane o gatto all'uomo. «A mio avviso, sapere se l’infezione è partita dall’animale e dall'uomo è solo relativamente importante», sottolinea Sanguinetti. «Il messaggio fondamentale lanciato da questo studio è che bisogna prendere coscienza che la diffusione dei microrganismi resistenti agli antibiotici ha davvero raggiunto dimensioni allarmanti», aggiunge. I batteri possono trasmettersi dagli animali agli esseri umani, e viceversa, attraverso le carezze, i baci e attraverso la manipolazione delle feci. «Questo non significa che non dobbiamo più accarezzare il nostro cane o gatto», precisa Sanguinetti. «Solo che bisogna fare più attenzione, specialmente se nel rapporto sono coinvolte persone immunodepresse, e prendersi cura ancora di più dell’animale sottoponendolo a controlli regolari. Infine, in generale, bisogna fare attenzione a praticare una buona igiene, come lavarsi le mani dopo aver accarezzato il cane o il gatto e dopo esser entrati a contatto con le loro feci», conclude.